giovedì, 23 Ottobre 2025
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Petizione dei dipendenti Leonardo: “Stop ai rapporti con chi dà armi a Israele”

Lanciata una raccolta firme da parte dei lavoratori di "Leonardo", affinché vengano interrotti gli accordi commerciali e le relazioni di investimento con enti coinvolti direttamente nella fornitura di armi a Israele.

Giorgia Fazio
Giorgia Fazio
Estremamente curiosa di questioni attuali, diritti umani e ambiente. Nel tempo libero legge testi di filosofia orientale. Se non c’è differenza non c’è relazione” è il suo mantra.

Avviata la raccolta firme su Change.org “Non in mio nome, non con il mio lavoro”, da parte dei dipendenti di Leonardo, azienda italiana attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza. Ciò che viene richiesto è l’interruzione dei rapporti della società con gli enti che forniscono armi a Israele.

Come si può leggere nel testo della petizione, infatti, nonostante l’azienda non fornisca più militarmente al Paese, “mantiene solidi rapporti commerciali e di cooperazione militare con Israele“.

In circa 2 settimane la raccolta firme, che si rivolge ai vertici della società, all’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento del Ministero degli Affari Esteri e al Consiglio UE, ha superato le 15mila adesioni.

Cosa chiedono i dipendenti di Leonardo

È stata avviata due settimane fa dai lavoratori di Leonardo Grottaglie la petizione “Non in mio nome, non con il mio lavoro”, con l’intento di far cessare i rapporti dell’azienda con gli enti che inviano forniture belliche a Israele. Sul sito Change.org, quindi, i dipendenti scrivono:

Richiesta di stop immediato di forniture belliche destinate ad Israele da parte di Leonardo S.p.A. e società controllate, inclusi tutti gli accordi esistenti e gli articoli dual-use, nonché la sospensione di tutti gli accordi commerciali e le relazioni di investimento con istituzioni israeliane, start-up, università ed enti di ricerca direttamente o indirettamente coinvolti nelle operazioni militari israeliane contro la popolazione palestinese.

La petizione è a aperta tutta la popolazione civile, mentre l’appello è rivolto a direttamente ai vertici dell’azienda affinché, per l’appunto, “sospenda immediatamente tutti gli accordi commerciali e le relazioni di investimento“.

Allo stesso tempo, è richiesto al Consiglio UE di attivare un embargo vincolante che obblighi tutte le aziende a revocare i contratti vigenti con Israele, mentre all’autorità nazionale UAMA, cioè l’ufficio del Ministero degli Esteri italiano, si chiede di “revocare retroattivamente ogni licenza specifica in essere a tutte le imprese italiane che forniscano prodotti a duplice uso ad Israele“. Lavoratrici e lavoratori di Leonardo scrivono:

Rifiutiamo fermamente di essere complici nelle violazioni dei diritti umani e nei crimini internazionali, rifiutiamo che i nostri atti e che il nostro ingegno possa contribuire a un’intera economia che guida, fornisce e abilita il genocidio del popolo palestinese. 

Leggi anche: È pace tra Hamas e Israele: cosa succederà ora? Il ruolo chiave delle tribù palestinesi pacifiche

Il coinvolgimento di Leonardo

Qual è il coinvolgimento di Leonardo S.p.A., cioè uno dei principali produttori europei di armamenti, nel genocidio in Palestina? A fare luce è la petizione “Non in mio nome, non con il mio lavoro”, che riporta:

Nonostante le crescenti denunce da parte di organizzazioni per i diritti umani, istituzioni internazionali e della società civile e sebbene, come dichiarato dallo stesso A.D. Cingolani in una recente intervista al Corriere della Sera, non sia stata più autorizzata alcuna nuova licenza di esportazione verso Israele da parte dell’UAMA, Leonardo, con il benestare del Governo Italiano, mantiene solidi rapporti commerciali e di cooperazione militare con Israele, contribuendo di fatto alla prosecuzione delle operazioni belliche che colpiscono sistematicamente la popolazione civile palestinese, priva di ogni capacità di difesa, in evidente violazione del diritto internazionale umanitario.

Il focus, dunque, è passato sul commercio di armamenti, che deve rispettare sempre i criteri etici e, soprattutto, l’articolo 11 della Costituzione, ossia: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali“.

Il 16 settembre 2025 la Commissione d’inchiesta dell’ONU, come riportato su Change.org, ha riconosciuto quello in Palestina come un vero e proprio genocidio. Di conseguenza, l’esportazione di materiali bellici da parte degli Stati membri dell’Unione europea deve subordinarsi a criteri specifici, come il rispetto dei diritti umani o la trasparenza ella destinazione finale delle armi.

A tal proposito, lavoratrici e lavoratori scrivono che questi punti “non sono al momento rispettati, pertanto Leonardo S.p.A. deve interrompere ogni rapporto con Israele, al fine anche di non rischiare di incorrere in gravi sanzioni future“.

Leggi anche: Pace a Gaza: Hamas rilascia i 20 ostaggi, liberi anche prigionieri palestinesi

Cosa si propone

I dipendenti di Leonardo sottolineano, riprendendo le parole dell’AD Cingolani, come l’azienda non possa recidere unilateralmente i vari contratti, perché si arriverebbe a un contenzioso legale. Questo è quanto propone la petizione:

Pertanto si richiede una copertura istituzionale in tal senso, sia per trovare un provvedimento che consenta di sospendere anche le vecchie licenze, sia esercitando una moral suasion come paventato dallo stesso Cingolani.

A sostenere l’iniziativa è anche Fiom Cgil che, come ha dichiarato il sottosegretario Francesco Brigati a Taranto Today, è sempre scesa in strada per manifestare contro il genocidio a Gaza:

Come Fiom Cgil, in queste settimane, abbiamo messo in campo molteplici iniziative di mobilitazione e sciopero sul tema della guerra, sostenendo il fatto che i primi a pagare il prezzo di un’economia di guerra sono le lavoratrici ed i lavoratori a cui aumenta l’inflazione e diminuisce il potere d’acquisto dei propri salari.

Brigati, inoltre, ha sottolineato che Leonardo non è coinvolto esclusivamente nel settore militare, ma anche in quello dell’aeronautica civile:

La Fiom, ritiene fondamentale che la BU Aerostrutture resti nel perimetro della One Company, scongiurando ogni tipo di partnership o “joint-venture” con fondi finanziari, che potrebbero portare ad una graduale fuoriuscita dal perimetro della Leonardo S.p.A.

Per questi motivi, la Fiom sostiene la petizione, ed invita tutte le lavoratrici ed i lavoratori ad aderire.

Abbiamo sempre considerato che la partecipazione attiva, il coinvolgimento ed il contributo concreto, anche con iniziative spontanee come questa, di tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori, siano fondamentali per le prospettive e la salvaguardia futura del nostro stabilimento.

Tutti i dettagli circa la petizione sono consultabili sul sito Change.org, così come è data la possibilità di partecipare alla raccolta firme.

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Giorgia Fazio
Giorgia Fazio
Estremamente curiosa di questioni attuali, diritti umani e ambiente. Nel tempo libero legge testi di filosofia orientale. Se non c’è differenza non c’è relazione” è il suo mantra.

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