giovedì, 9 Ottobre 2025
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È pace tra Hamas e Israele: cosa succederà ora? Il ruolo chiave delle tribù palestinesi pacifiche

Sottoscritto l'accordo di pace tra Hamas e Israele. Quale sarà, però, adesso il futuro di Gaza? A proporre una soluzione l'esperta Michela Mercuri, che ha posto l'accento sul ruolo fondamentale delle tribù palestinesi.

Giorgia Fazio
Giorgia Fazio
Estremamente curiosa di questioni attuali, diritti umani e ambiente. Nel tempo libero legge testi di filosofia orientale. Se non c’è differenza non c’è relazione” è il suo mantra.

Trump ha annunciato l’accordo di pace su Gaza, firmato questa mattina, alle ore 11:00 italiane, da Hamas e Israele. Secondo quanto dichiarato dal Presidente statunitense, lunedì 13 ottobre verranno rilasciati quasi duemila ostaggi palestinesi. Al via, quindi, la prima fase di pace, dopo due anni dall’inizio del conflitto.

Il tycoon, come fa sapere Rai news, ha definito sui propri social questo come “un grande giorno per il mondo arabo e musulmano“. Dall’altra parte, l’ufficio stampa del Presidente israeliano Netanyahu condivide: “Ringrazio dal profondo del cuore il presidente Donald Trump e il suo team per il loro impegno in questa sacra missione di liberazione dei nostri ostaggi“.

Grande festa, dunque, nella Striscia, dove la gente è scesa per strada a cantare e ballare, al grido di “Allahu Akbar“, “Dio è il più grande. Numerose sono, però, le domande sul futuro del Medio Oriente, dopo la firma di tale accordo. A rispondere l’esperta Michela Mercuri, la quale ha posto l’accento sull’importanza delle tribù palestinesi.

L’accordo di pace tra Israele e Hamas

È stato firmato questa mattina, alle ore 11:00 italiane, l’accordo di pace tra Israele e Hamas. Ad annunciare il punto di svolta nel conflitto è stato il Presidente statunitense Trump, che Truth ha scritto:

Sono molto orgoglioso di annunciare che Israele e Hamas hanno entrambi sottoscritto la prima fase del nostro piano di pace.

Tutte le parti saranno trattate equamente.

Questo è un grande giorno per il mondo arabo e musulmano, Israele, tutte le nazioni circostanti e gli Stati Uniti d’America, e ringraziamo i mediatori di Qatar, Egitto e Turchia, che hanno collaborato con noi per rendere possibile questo evento storico e senza precedenti.

Nel weekend, quindi, è previsto il rilascio di almeno 20 ostaggi ancora vivi, mentre la prossima settimana saranno circa duemila i palestinesi a essere liberati, tra persone in vita e vittime.

Secondo quanto riporta Ansa, il Premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato in un comunicato stampa: “Un grande giorno per Israele. Con l’aiuto di Dio, insieme continueremo a raggiungere tutti i nostri obiettivi e ad espandere la pace con i nostri vicini“. Hamas, invece, ha fatto commentato così l’accordo:

Il movimento annuncia il raggiungimento di un accordo che determina la fine della guerra a Gaza, il ritiro delle Idf, l’ingresso di aiuti e lo scambio di prigionieri, dopo negoziati responsabili e seri che il movimento ha condotto insieme alle fazioni.

Apprezziamo profondamente gli sforzi dei fratelli mediatori di Qatar, Egitto e Turchia, e apprezziamo anche gli sforzi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per porre fine definitivamente alla guerra e ottenere il completo ritiro dalla Striscia di Gaza.

Leggi anche: Il punto sulla Palestina: 15 risposte dell’esperta Michela Mercuri

Cosa succederà ora?

pace

Come verrà gestita la situazione in Medio Oriente dopo l’avvio della pace tra Hamas e Israele? Da chi verrà governata la Striscia di Gaza? E che ruolo avranno le autorità palestinesi in un contesto simile?

In seguito a quanto sta accadendo nelle ultime ore, l’esperta di Medio Oriente e docente di geopolitica Michela Mercuri fa luce sulla questione israelo-palestinese, ponendo l’accento sull’importanza della composizione tribale della Palestina, intendendolo come una possibile chiave di lettura del futuro di Gaza.

1. Di chi è il merito dell’accordo di pace tra Hamas e Israele?

Non esistono meriti. Trump ha fatto una proposta conveniente per tutti. In primo luogo per se stesso, perché in questo modo ha capitalizzato questo accordo per distogliere l’attenzione dai problemi interni, come lo shutdown, e per avvicinarsi ai Paesi arabi.

L’accordo conviene anche all’Arabia Saudita, che in vista di Saudi Vision 2030 può impegnarsi nella ricostruzione, e al Qatar, che è stato riabilitato sulla scena internazionale, dopo le divergenze con alcuni Paesi del Golfo. Si potrebbe dire una vittoria anche per l’Egitto, intento a sistemare una situazione che poteva nuocere anche a causa dell’esodo dei palestinesi in territorio egiziano.

Trump ha fatto un piano conveniente un po’ a tutti, quindi non c’è un merito vero e proprio. Sicuramente, bisogna riconoscere che Trump ha spinto molto, anche se c’era poco da spingere. Ha fatto un piano inattaccabile, che conviene a tutti gli attori del Golfo, regionali e internazionali.

2. Potrebbero sorgere problemi dopo l’accordo di pace?

Ci lamentiamo che Egitto, Giordania e Paesi che hanno voluto e partecipato fortemente a questa prima parte dell’accordo potrebbero poi creare problemi nel momento in cui a Gaza governerà un gruppo di Stati guidati da Blair e da Trump, senza coinvolgere i palestinesi.

L’Egitto che ha sostenuto tutto vuole il riconoscimento di uno Stato palestinese, non è molto d’accordo che Blair diventi il referente per la ricostruzione della Palestina, così come anche di Gaza e della Giordania. Quindi, potrebbero sorgere molti problemi. E allora dobbiamo coinvolgere maggiormente il popolo palestinese e di Gaza.

3. Come si può fare?

Non bisogna dimenticarsi che la Palestina è fatta da tribù. Queste non devono essere lette in un’accezione negativa, non sono le milizie, ma sono gli attori fondanti della società palestinese. La maggior parte della popolazione fa riferimento al proprio capo tribale dal punto di vista politico, economico, sociale. Hanno un valore enorme di rappresentanza.

Alcune tribù, chiaramente, devono essere escluse perché violente, ma ce ne sono molte altre pacifiche, che hanno protestato contro Hamas. Quindi, includere quelle tribù in un possibile dialogo, per un possibile assetto politico della regione, per me è l’unico modo per coinvolgere i palestinesi.

4. Quanto sono importanti le tribù in Palestina?

Essendo stata a Gaza, conoscendo la società palestinese, so benissimo che le tribù hanno un ruolo fondamentale. Alcuni capi tribali possono essere gli interlocutori perfetti. Molti di loro, durante la guerra, si sono ribellati ad Hamas perché volevano la pace.

I capi tribali hanno un valore politico, sociale ma anche economico per i membri della tribù di appartenenza, e quindi possono essere gli interlocutori più credibili, che meglio conoscono il sostrato della società palestinese.

Non dimentichiamoci di guardare quello che accade dentro. Non dimentichiamoci di guardare come è composta la popolazione palestinese. Questa potrebbe essere una delle possibili chiavi di volta.

Leggi anche: Chi è Francesca Albanese, la voce dell’ONU che difende la giustizia in Palestina

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