venerdì, 3 Ottobre 2025
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La CEI aprirà un ospedale a Gaza: “Segno di speranza per famiglie e giovani”

Il CEI ha annunciato l'apertura di un ospedale a Gaza, in collaborazione con il Patriarcato Latino di Gerusalemme. Italia e Terra Santa si uniscono, quindi, in un progetto di grande generosità.

Giorgia Fazio
Giorgia Fazio
Estremamente curiosa di questioni attuali, diritti umani e ambiente. Nel tempo libero legge testi di filosofia orientale. Se non c’è differenza non c’è relazione” è il suo mantra.

Dal 27 al 30 settembre scorsi, monsignor Giuseppe Baturi, segretario generale della CEI, si è recato in Terra Santa e, con l’occasione, ha annunciato la futura apertura di un ospedale a Gaza.

Il progetto, come fa sapere Vatican News, è in collaborazione con il Patriarcato Latino di Gerusalemme. Un’unione tra Italia e Terra Santa, quindi, finalizzata ad apportare un po’ di sollievo nella situazione di emergenza sanitaria in Palestina.

Monsignor Baturi ha incontrato il Patriarca Latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, per discutere della questione. In particolare, il porporato ha espresso estrema gratitudine alle Chiese italiane, che stanno mostrando ampia umanità in un periodo di crisi per il popolo palestinese.

L’ospedale a Gaza

Il progetto dell’ospedale a Gaza, come riportato da Vatican News, è nato in risposta alla crisi sanitaria in Palestina. Monsignor Baturi ha spiegato l’idea così:

C’è un problema sanitario molto serio e vogliamo farcene carico insieme al Patriarcato: è un impegno concreto, che vedrà mobilitate tante energie.

Vogliamo inoltre sostenere le famiglie, i parroci che ci hanno segnalato bisogni alimentari, ma anche di lavoro per i giovani, di case e di istruzione.

Questa, in particolare, è energia di pace, perché forma la coscienza e apre al futuro.

Vogliamo essere con queste comunità, con questa Chiesa, in un’amicizia di fede e di operatività.

L’ospedale sarà costruito in collaborazione con il Patriarcato Latino di Gerusalemme, di cui è a capo il cardinale Pizzaballa. Quest’ultimo, durante la Conferenza episcopale italiana per la visita del segretario generale della CEI, ha espresso profonda gratitudine verso le Chiese italiane e il loro sostegno. Ecco cosa è riportato su La difesa del popolo:

In questo momento difficile di solitudine e di abbandono, sono importanti la vicinanza e la presenza: di questo vogliamo esprimere un sincero ringraziamento.

Sappiamo che non sono visite scontate e sappiamo, come ci siamo detti in questi giorni, che tutto questo è vero e sentito.

Lo abbiamo percepito in questi mesi da parte di tante Chiese italiane: una vicinanza reale.

Un “grazie” è stato rivolto anche per le giornate trascorse insieme a monsignor Baturi e altri sacerdoti, riuniti in ritiro proprio in Terra Santa. Pizzaballa, poi, ha concluso l’intervento con un messaggio di invito alla fraternità:

La speranza ha bisogno di gesti, di parole, ma soprattutto di un contesto dove si fa rete, dove si costruisce unità e comunità.

Nei grandi contesti di dolore e sofferenza, c’è bisogno di avere qualcuno vicino che ti sostenga e ti aiuti. ​

In questo senso, tutto ciò diventa un segno di speranza.

Leggi anche: “Si chiama Nabeel e viene da Gaza”: Napoli si mobilita per curare il bimbo con malattia rara

Pizzaballa sulla pace a Gaza

Intervistato da Chora Media, il cardinale Pierbattista Pizzaballa ha espresso il proprio punto di vista sulla situazione nella Striscia, sottolineando come essa abbia fatto emergere una maggiore umanità nelle persone:

Ho l’impressione che il dramma di Gaza abbia tirato fuori una coscienza di dignità che giaceva inespressa nella coscienza comune.

Adesso è venuta fuori, ha risvegliato qualcosa, anche indignazione.

Vedo tanta partecipazione e questo è un aspetto positivo.

Tuttavia, le immagini che arrivano fanno solo parzialmente giustizia della situazione che si sta vivendo.

La distruzione immane, oltre l’80% delle infrastrutture sono distrutte.

Ci sono centinaia di migliaia di persone che hanno dovuto spostarsi e sfollare anche sette volte in questi due anni con tutta la famiglia.

Tra i problemi principali, dunque, rientra la quasi totale assenza di ospedali e assistenza sanitaria, non solo per i feriti della guerra ma anche per chi ha problemi ordinari.

In questo contesto, risulta essere di aiuto anche il sostegno dato da sacerdoti, suore e tutta la comunità religiosa, senza paura. Per quanto riguarda una possibile pace, invece, sempre a Chora Media, il cardinale Pizzaballa ha dichiarato:

È evidente che si va verso una conclusione, adesso io spero che sia immediata con l’assenso di Hamas.

Ma che comunque si arrivi alle fasi finali di questa guerra è evidente.

La domanda è cosa accadrà dopo.

Però la fine di questa guerra non sembra significare la pace.

Pace è una parola molto impegnativa.

La fine della guerra non è la fine del conflitto, il conflitto durerà ancora molto tempo, innanzitutto perché le cause profonde di questa guerra non sono ancora state prese in considerazione e poi comunque l’odio, il disprezzo, il rancore che questa guerra ha causato dentro le due popolazioni, israeliana e palestinese, avranno strascichi ancora per molto tempo.

Per raggiungere un equilibrio, dunque, secondo il porporato, come fa sapere Vatican News: “Avremo bisogno di persone che abbiano ancora coraggio di pensare in maniera diversa, fuori dal coro e fuori dalla corrente dentro la quale siamo avviati. Credo sia possibile, ma abbiamo bisogno di leadership, di visione, qualcuno che abbia il coraggio di interpretare questo desiderio”.

Leggi anche: Regione Lazio e Umberto I accolgono i bimbi oncologici di Gaza

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Giorgia Fazio
Estremamente curiosa di questioni attuali, diritti umani e ambiente. Nel tempo libero legge testi di filosofia orientale. Se non c’è differenza non c’è relazione” è il suo mantra.

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