venerdì, 16 Maggio 2025
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Il Senato approva il decreto cittadinanza: “Dà dignità al legame con l’Italia”

Approvato in Senato, con 81 sì, il decreto sulla cittadinanza. Ora si aspetta il via libera della Camera. Come dichiarato da Tajani, il testo esalta il legame autentico con l'Italia.

Con 81 sì e 37 no è stato approvato dal Senato il decreto cittadinanza. Il testo prevede che non sia automaticamente cittadino italiano chi nasce all’estero in possesso di un’altra cittadinanza.

A essere soddisfatto di tale decreto è stato il ministro degli Esteri Tajani, il quale ha affermato come il dl sottolinei il legame autentico che deve vigere tra un cittadino italiano e il Paese.

Sono sorti, a ogni modo, dei dubbi all’interno della maggioranza. La Lega, per esempio, si è detta scettica rispetto all’abolizione della trasmissione della cittadinanza da padre in figlio.

A ogni modo, affinché il decreto entri in vigore è necessario ottenere il sì della Camera. Nel frattempo, vediamo in cosa consiste il dl.

Cosa prevede il decreto cittadinanza?

Il decreto cittadinanza è stato approvato dal Senato con 81 sì e 37 no. Entro il 27 maggio, invece, dovrà essere valutato dalla Camera e, in caso di esito positivo, entrerà in vigore.

Il decreto legge 36/25 era stato già approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 28 marzo, con entrata in vigore il 29 dello stesso mese. Il testo si concentra sul legame tra individuo e Stato, sancito dalla concessione totale di diritti civili e politici.

Il provvedimento è stato proposto dalla commissione Affari Costituzionali e gli articoli di cui si compone determinano, in maniera sintetica, che solo chi ha un nonno o un genitore italiano ottiene la cittadinanza, così come i figli di italiani possono acquisirla automaticamente se nascono in Italia o se, prima della loro nascita, uno dei genitori cittadini ha risieduto nella Penisola per almeno due anni consecutivi.

Limitazioni allo ius sanguinis

Il decreto introduce il principio fondamentale per cui la cittadinanza non si trasmette automaticamente a chi è nato all’estero ed è in possesso già di un’altra cittadinanza.

Allo stesso modo, quest’ultima non è riconosciuta a coloro che sono nati in un Paese estero prima dell’entrata in vigore della disposizione. Quanto appena detto non sussiste se si verifica uno dei seguenti casi:

  • lo stato di cittadino italiano della persona interessata è stato riconosciuto secondo la normativa del 27 marzo 2025, dopo l’invio della domanda, corredata della necessaria documentazione, presentata all’ufficio consolare o al sindaco competenti entro le 23:59 del 27 marzo 2025, per l’appunto
  • lo stato di cittadino italiano dell’interessato è stato accertato giudizialmente, a seguito della domanda giudiziale presentata entro le 23:59 del 27 marzo
  • un genitore o adottante cittadino italiano deve essere nato in Italia
  • un genitore o adottante cittadino italiano deve essere stato residente in Italia per almeno due anni continuativi prima della data di nascita o di adozione del figlio
  • un ascendente cittadino italiano di primo grado dei genitori o degli adottanti cittadini deve essere nato in Italia

Come spiegato dal Governo, il provvedimento mira a rafforzare il legame tra il soggetto cittadino e lo Stato. Seppure venga mantenuto il principio su cui si fonda il diritto di cittadinanza in Italia, quale lo ius sanguinis, il decreto legge intensifica il vincolo effettivo con la Penisola, per i figli nati all’estero o da cittadini italiani.

Un ulteriore obiettivo è l’allineamento con gli ordinamenti di altri Paesi europei, a cui si aggiunge la garanzia della libera circolazione nell’Unione Europea da parte di chi ha un legame effettivo con il Paese d’origine.

Acquisto della cittadinanza da minore straniero o apolide

Il minore straniero o apolide può ottenere la cittadinanza, se discendente da un genitore italiano per nascita, qualora gli stessi genitori dichiarino la volontà di acquisire tale status.

Dopodiché, è richiesto che il minore risieda legalmente e continuativamente in Italia, per almeno due anni. La domanda, però, può essere presentata anche entro un anno dalla nascita del soggetto minore o dalla successiva data in cui è stata stabilita la filiazione, o l’adozione, con un cittadino italiano.

Il minore apolide o straniero, divenuto cittadino italiano grazie a tale modalità, se in possesso di un’altra cittadinanza, può rinunciare a quella italiana una volta compiuta la maggiore età.

Altri punti chiave

Il coniuge di un cittadino italiano può acquisire la cittadinanza in un tempo massimo di ventiquattro mesi. Le stesse tempistiche valgono per la concessione della cittadinanza da parte del Presidente della Repubblica.

Il provvedimento, inoltre, prevede una continuità abitativa del cittadino italiano, nella Penisola, di almeno due anni. In tal modo, i figli minori dell’individuo potranno ottenere la cittadinanza italiana.

Consentiti, poi, l’ingresso e il soggiorno per lavoro subordinato per il soggetto straniero residente all’estero ma di discendenza italiana e in possesso della cittadinanza di uno Stato di destinazione di rilevanti flussi di emigrazione italiana.

Infine, è stato ridotto da tre a due anni il periodo legale di residenza nella Penisola, al fine di concedere la cittadinanza allo straniero il cui genitore o ascendente di secondo grado sia o sia stato cittadino per nascita.

Leggi anche: Due anni del Governo Meloni, le novità apportate in Italia in 5 punti

Per Tajani il decreto “restituisce dignità al legame con l’Italia”

A essere estremamente soddisfatto dell’approvazione da parte del Senato del decreto cittadinanza è il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia Antonio Tajani, il quale ha dichiarato:

È molto importante il voto con cui il Senato ha approvato il decreto cittadinanza.

È un provvedimento voluto per restituire dignità e significato a un diritto che deve fondarsi su un legame autentico con l’Italia, non solo burocratico, ma culturale, civico e identitario.

La cittadinanza deve essere un riconoscimento serio e consapevole, che si conferma attraverso l’impegno.

Questa riforma non esclude, ma responsabilizza.

Propone criteri più selettivi e trasparenti, capaci di rafforzare l’integrità del nostro sistema e prevenire abusi.

Non si procederà più a riconoscimenti automatici a favore di persone nate all’estero che non abbiano almeno un genitore o un nonno di cittadinanza esclusivamente italiana.

I figli dei cittadini italiani nati all’estero avranno comunque la possibilità di acquisire la cittadinanza se i genitori ne faranno richiesta.

Su mia proposta, il Senato ha inoltre approvato un emendamento che apre alla richiesta di poter riacquistare la cittadinanza per gli italiani emigrati che hanno dovuto rinunciare alla cittadinanza italiana per lavorare nei Paesi dove si sono stabiliti.

Una misura da lungo attesa, che rafforza i legami del nostro Paese con chi, pur vivendo all’estero, è fino in fondo italiano.

Il decreto si inserisce nel quadro di un pacchetto di misure che comprende due ulteriori disegni di legge all’esame del Parlamento, che introdurranno ulteriori misure a garanzia del mantenimento di un legame effettivo con il nostro Paese.

Si tratta di misure a favore dei nostri connazionali italiani all’estero, che miglioreranno la funzionalità degli uffici consolari.

Leggi anche: Referendum di cittadinanza, perché firmarlo e cosa succederebbe se fosse approvato

Le perplessità della Lega

Il Senato ha approvato un emendamento che proroga a trentasei mesi, invece di ventiquattro, il termine per le domande sulla cittadinanza non iusi sanguinis. A tal proposito, il senatore di Fratelli d’Italia e relatore del provvedimento, Marco Lisei, ha affermato: “Ho ritenuto che la possibilità di concedere ulteriori 12 mesi di proroga fosse utile a chi facesse quelle richieste“.

La Lega, però, ha espresso alcuni dubbi circa le misure pensate dal Governo, soprattutto per quanto riguarda la trasmissione della cittadinanza da padre in figlio, che per Matteo Salvini dovrebbe essere mantenuta.

In linea con il pensiero del leader, il senatore della Lega, Paolo Tosato, ha spiegato a Today.it il proprio punto di vista:

Sicuramente la trasmissione da padre in figlio non intasava i consolati perché era un atto semplice da registrare.

E certamente nemmeno i comuni perché in quei casi non c’era la richiesta di risalire agli avi, visto che era di padre in figlio.

Né tanto meno i tribunali.

È una scelta radicale che rischia di compromettere il rapporto tra gli italiani all’estero e il nostro Paese.

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