mercoledì, 15 Ottobre 2025
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Gino Cecchettin su Turetta: “Serve qualcuno che lo accompagni in un percorso vero”

Dopo la lettera di Filippo Turetta in cui dichiara di accettare la pena dell'ergastolo per il femminicidio dell'ex fidanzata Giulia, Gino Cecchettin ha espresso il proprio punto di vista. Nel mentre, continua la sua campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne.

Giorgia Fazio
Giorgia Fazio
Estremamente curiosa di questioni attuali, diritti umani e ambiente. Nel tempo libero legge testi di filosofia orientale. Se non c’è differenza non c’è relazione” è il suo mantra.

Filippo Turetta ha fatto sapere, attraverso una lettera, di voler rinunciare all’appello e di accettare la condanna all’ergastolo per il femminicidio dell’ex fidanzata Giulia. Il padre della ragazza, Gino Cecchettin, si è quindi espresso a riguardo.

Intervistato da Il Corriere della Sera, infatti, l’uomo ha dichiarato di essere rimasto spiazzato dall’azione di Turetta ma, allo stesso tempo, di comprendere una sorta di ricerca di pace interiore, da parte del 23enne.

Nel frattempo, Cecchettin sta continuando la propria campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne, in giro per l’Italia. A essere i principali interlocutori del padre di Giulia sono i più giovani, ovvero coloro che, secondo quanto sostiene lo stesso Cecchettin, sono i primi a richiedere l’insegnamento dell’educazione affettiva nelle scuole.

La reazione di Gino Cecchettin

Attraverso una lettera depositata ieri, 14 ottobre, alle cancellerie degli uffici giudiziari di Venezia, Filippo Turetta ha fatto sapere di voler rinunciare all’appello e accettare la condanna all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin. Il 23enne, infatti, come riporta Ansa, ha dichiarato un “sincero pentimento” per il gesto compiuto.

Tale azione potrebbe portare alla giustizia riparativa, che comporta un percorso di dialogo tra vittima e autore del reato, con un intermediario imparziale. Rispetto a tale ipotesi, Gino Cecchettin si era già espresso in passato così:

Io credo nella giustizia riparativa e lo dico da cittadino, a prescindere da quello che mi è successo.

Però è un percorso che deve passare attraverso l’autoconsapevolezza, prima attraverso le scuse e poi alla richiesta di perdono.

Ieri, questo pentimento è arrivato e il padre di Giulia ha risposto attraverso un’intervista a Il Corriere della Sera. Alla testata, Cecchettin ha dichiarato:

Non me l’aspettavo.

È una scelta che mi lascia proprio spiazzato.

Non so cosa ci sia dietro, ma immagino che voglia trovare una forma di pace.

Dal mio punto di vista cambia ben poco.

Non c’è nulla al mondo che possa farmi stare meglio.

Io non potrò mai gioire di nulla, perché dietro c’è una tragedia troppo grande.

Qualsiasi cosa succeda, io sono condannato a non rivedere Giulia.

Non perde mai, però, l’umanità Gino Cecchettin, che riferendosi a Turetta ha detto: Serve qualcuno che lo accompagni in un percorso vero, dentro se stesso. Penso che vada seguito, che sia necessario stargli vicino“.

Leggi anche: Valditara incontra Gino Cecchettin: “Sì alla cultura del rispetto nelle scuole”

Sensibilizzazione di Gino Cecchettin

Dopo il femminicidio della figlia, Gino Cecchettin ha avviato una campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne, indirizzata soprattutto alle nuove generazioni. Sono numerosi, infatti, gli incontri sostenuti dall’uomo in diverse scuole italiane.

Nel mese di ottobre, per esempio, Cecchettin ha presentato il proprio libro Cara Giulia-Quello che ho imparato da mia figlia e la Fondazione Giulia Cecchettin sia presso l’Istituto Comprensivo di Puos d’Alpago, in provincia di Belluno, che presso l’Istituto Ivan Piana di Lovere, a Bergamo.

In giro per la Penisola, Gino Cecchettin porta l’educazione al rispetto, il contrasto degli stereotipi e la prevenzione della violenza di genere. Intervistato da Esquire, a tal proposito, ha dichiarato:

Non è colpa di ogni uomo se esistono violenza e femminicidi.

Ma ciascuno porta con sé la responsabilità di riconoscere il privilegio di essere uomo, vantaggi invisibili come muoversi senza paura, non temere molestie sul lavoro o per strada.

La responsabilità comincia da qui: smettere di dare per scontato quel privilegio.

Ascoltare le donne, credere alle loro esperienze, non ridere a una battuta sessista, non minimizzare un commento svilente, non restare in silenzio davanti a una mancanza di rispetto, anzi: chiedersi come usare la propria posizione per spezzare quel silenzio.

Per quanto riguarda gli stereotipi, invece, a essere più difficile da combattere è quello “che lega la maschilità al possesso, alla forza come unica forma di riconoscimento. È un modello che non solo alimenta la violenza, ma priva gli uomini della possibilità di godere pienamente di tutte le emozioni“.

Leggi anche: Gino Cecchettin fuori l’aula: “È fatta giustizia, ma la battaglia continua”

L’educazione affettiva nei giovani

La campagna di sensibilizzazione porta Gino Cecchettin, inevitabilmente, a stare a contatto con i più giovani. A chi gli chiede, quindi, come poter riconoscere una relazione tossica, risponde così, come riporta l’intervista su Esquire:

Bisogna insegnare a leggere i segnali: la gelosia che diventa controllo, la pretesa di decidere per l’altro, l’idea che l’amore sia possesso.

La storia di Giulia è una lezione dolorosa ma potente: mostra che la violenza non esplode all’improvviso, ma cresce dentro le relazioni attraverso segnali che spesso normalizziamo.

Portarla nelle scuole significa dare strumenti concreti a chi domani può cambiare davvero le cose.

La chiave è insegnare ai bambini, fin dalla prima infanzia, a riconoscere le emozioni, proprie e di chi si ha davanti, normalizzando la fragilità, la paura e il consenso. A Esquire, Cecchettin ha espresso il proprio punto di vista:

Serve un lavoro quotidiano, trasversale, che attraversi istituzioni, famiglie e comunità.

La scuola è il luogo privilegiato per provare a modificare la società, a partire dalla formazione dei docenti, che spesso, inconsapevolmente, portano con sé stereotipi di genere e non sanno cogliere i segnali d’allarme.

Non servono proclami né progetti spot, ma una presenza costante di adulti (insegnanti, allenatori, educatori) capaci di essere modelli di relazioni basate sulla libertà reciproca.

Serve anche un’alleanza con i ragazzi: dare loro spazi per confrontarsi, far capire che chiedere aiuto non è debolezza, che il rispetto dei confini non è negoziabile e il silenzio o la complicità nelle chat può trasformarsi in violenza.

Il suo auspicio, infine, è che davanti ad atti di violenza la reazione non sia omologa ma razionale e finalizzata alla costruzione del benessere. Le parole e l’impegno cosante di Gino Cecchettin, dunque, mostrano come abbia trasformato la tragedia che lo ha colpito in un modo per diffondere consapevolezza ed empatia nelle persone, per evitare che drammi simili si consumino ancora.

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Giorgia Fazio
Giorgia Fazio
Estremamente curiosa di questioni attuali, diritti umani e ambiente. Nel tempo libero legge testi di filosofia orientale. Se non c’è differenza non c’è relazione” è il suo mantra.

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