martedì, 17 Giugno 2025
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Molestie, per la Cassazione: “È violenza anche se dura pochi secondi”

Sentenza storica della Corte di Cassazione sul caso dell'hostess che ha denunciato una molestia da parte di un collega: anche se la violenza è durata qualche secondo, il reato è stato compiuto.

Giorgia Fazio
Giorgia Fazio
Estremamente curiosa di questioni attuali, diritti umani e ambiente. Nel tempo libero legge testi di filosofia orientale. Se non c’è differenza non c’è relazione” è il suo mantra.

Svolta nel caso dei “30 secondi”. La Corte di Cassazione ha avviato un nuovo processo dopo la denuncia di molestia per mano di Raffaele Meola, sporta dall’hostess Barbara D’Astotlto, nel 2018.

In un primo momento, l’imputato era stato assolto, in quanto il tempo di reazione della vittima, pari a 30 secondi, era stato considerato sufficiente per difendersi. Adesso, però, la Cassazione ha sostenuto che indipendentemente se si reagisce o meno, la violenza sussiste.

Il caso dei “30 secondi”

La Cassazione ha dato ragione a Barbara D’Astolto, l’hostess che nel 2018 aveva denunciato l’ex sindacalista della Cisl, Raffaele Meola, addetto all’aeroporto di Milano Malpensa, per violenza sessuale.

Nel momento di avvio del processo, nel 2022, presso il tribunale di Busto Arstizio, il 48enne era stato assolto in primo e secondo grado, con la motivazione che la vittima aveva avuto il tempo necessario per difendersi e opporsi alla molestia, ovvero 30 secondi.

La sentenza è stata confermata, nel 2024, dalla Corte d’Appello di Milano, secondo la quale i comportamenti dell’imputato, difeso dal legale Ivano Chiesa, non erano stati tali “da porre la persona offesa in una situazione di assoluta impossibilità di sottrarsi alla condotta“. I giudici milanesi, quindi, hanno spiegato la decisione in questo modo:

L’imputato non ha adoperato alcuna forma di violenza – ancorché si sia trattato, effettivamente, di molestie repentine – tale da porre la persona offesa in una situazione di assoluta impossibilità di sottrarsi alla condotta.

Una condotta che non ha (senz’altro) vanificato ogni possibile reazione della parte offesa, essendosi protratta per una finestra temporale, 20-30 secondi, che le avrebbe consentito anche di potersi dileguare.

Leggi anche: Portava le prostitute da Berlusconi: la Cassazione conferma 2 anni e dieci mesi a Gianpaolo Tarantini

Il ricorso della Procura

Quanto emesso dai giudici della Corte d’Appello di Milano è stato respinto l’11 febbraio scorso dalla terza sezione penale della Cassazione, con presidente Giulio Sarno, il quale ha accolto il ricorso della Procura generale milanese.

È stato richiesto, dunque, l’appello bis in quanto le sentenze di primo e secondo grado non abbiano fatto buon governo dei consolidati principi affermati dalla giurisprudenza in materia di violenza sessuale.

A tal proposito, questo è quanto affermato dall’avvocata di D’Astolto, Maria Teresa Manente, responsabile dell’ufficio legale dell’associazione Differenza Donna, dopo aver conosciuto l’esito della sentenza:

Faremo ricorso in Cassazione perché questa sentenza ci riporta indietro di 30 anni e rinnega tutta la giurisprudenza di Cassazione che da oltre dieci anni afferma che un atto sessuale, compiuto in maniera repentina, subdola, improvvisa senza accertarsi del consenso della donna è reato di violenza sessuale e come tale va giudicato.

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La sentenza della Cassazione

La Corte di Cassazione ha spiegato il modo di agire da parte dei giudici della Corte d’Appello di Milano, sostenendo che questi ultimi non abbiano mai dubitato dell’avvenimento degli abusi sessuali, ma:

Hanno immaginato che la durata del contatto escludesse l’insidiosità del gesto e comportasse la necessità della violenza, della minaccia e dell’abuso di autorità per pronunciare la condanna.

La Cassazione, quindi, ha chiarito che D’Astolto, nel 2018, si era recata presso l’ufficio di Meola per una questione di lavoro e che era rimasta del tutto disorientata e sguarnita rispetto ai comportamenti dell’uomo“.

Nella letteratura giuridica, infatti, questo evento viene spiegato in maniera estremamente chiara e precisa. Si tratta del “blocco emotivo o freezing, cioè l’incapacità di reazione dovuta alla paura o al frastornamento per l’imprevedibilità della situazione e l’incapacità di fronteggiarla. Non esiste un modello di reazione o un modello di vittima“.

Il nuovo processo presso la Corte d’Appello di Milano, dunque, dovrà tenere presente quanto affermato dalla Cassazione, ovvero:Il ritardo nella reazione della vittima nella manifestazione del dissenso è irrilevante ai fini della configurazione della violenza sessuale“. Intanto Barbara D’Astolto ha accolto e commentato la notizia così:

Finalmente la Cassazione si mette nei panni della vittima e non dell’aggressore.

In un paese con un così alto tasso di violenza di genere, le vittime non possono più essere colpevolizzate.

È tempo che le responsabilità delle violenze se le assumano gli aggressori e non gli aggrediti.

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Giorgia Fazio
Giorgia Fazio
Estremamente curiosa di questioni attuali, diritti umani e ambiente. Nel tempo libero legge testi di filosofia orientale. Se non c’è differenza non c’è relazione” è il suo mantra.

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