Negli ultimi mesi, il governo italiano ha rilanciato con forza il taglio dell’Irpef, una misura fiscale destinata ad avere effetti concreti sulle buste paga di milioni di lavoratori. La proposta è di inserire un sistema a due aliquote, una al 23% e una al 33%.
L’obiettivo è duplice: semplificare il sistema fiscale e alleggerire la pressione sui redditi medio-bassi. Ma cosa significa davvero questo intervento? Vediamolo insieme nel dettaglio.
Cos’è il taglio dell’Irpef?
L’Irpef (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) è un’imposta progressiva applicata ai redditi dei cittadini. Più guadagni, maggiore è l’aliquota che paghi. Il taglio dell’Irpef consiste in una riduzione delle aliquote fiscali e nella semplificazione degli scaglioni di reddito, per ridurre il carico fiscale su chi lavora o percepisce una pensione.
A riproporre la necessità dei tagli è il viceministro dell’Economia e delle Finanze, Maurizio Leo, che, durante un festival organizzato a Trento, afferma:
Noi abbiamo fatto un intervento per i redditi medio-bassi accorpando quelle due aliquote sino a 38.000 euro.
l’intervento è di lavorare su quell’area che va dalla famosa aliquota del 35% per portarla al 33% per un’area a 50 e poi se riusciamo ad arrivare sino a 60.
anche qui, insomma, bisogna vedere come reperire le risorse.
per gran cautela, dico prima troviamo le risorse e poi facciamo gli interventi.
Anche Forza Italia è d’accordo con l’introduzione di questa misura, come dichiara il vicepresidente del Consiglio dei ministri, Antonio Tajani:
Noi siamo per ridurre l’Irpef dal 35% al 33% per dare un segnale al ceto medio che deve e vuole essere tutelato da questo governo, da questa maggioranza.
Noi siamo i veri difensori del ceto medio.
Attualmente, la riforma ha già ridotto il numero degli scaglioni da quattro a tre e prevede ulteriori modifiche, con l’idea di arrivare gradualmente a un sistema ancora più semplificato.
Quali sono gli obiettivi del taglio dell’Irpef?
Il taglio dell’Irpef è stato pensato per affrontare alcune criticità strutturali del sistema fiscale italiano. Le ragioni principali sono:
- ridurre il cuneo fiscale, in Italia, la differenza tra il costo del lavoro per l’azienda e quanto effettivamente percepito dall’impiegato è tra le più alte d’Europa
- sostenere i consumi, perché più reddito disponibile significa maggiore capacità di spesa da parte delle famiglie
- aiutare i redditi medio-bassi per supportare chi percepisce stipendi modesti
- semplificare la tassazione per garantire un sistema fiscale più lineare
- rendere più competitivo il sistema-paese per attrarre investimenti
Quali sono gli effetti sugli stipendi?

Secondo le simulazioni di “Today”, un taglio del 2% all’Irpef porterebbe diversi vantaggi in base al reddito di riferimento. Chi guadagna 30.000 euro lordi all’anno potrebbe ottenere un vantaggio economico di circa 40 euro annui. Si sale a 140 euro per chi percepisce 35.000 euro e a 240 euro per un reddito di 40.000 euro.
Se la misura venisse allargata anche ai contribuenti con redditi fino a 60.000 euro annui, ipotesi ancora incerta, i benefici sarebbero ben più consistenti: 940 euro in più all’anno per chi dichiara 55.000 euro e fino a 1.440 euro, pari a 120 euro al mese, per chi raggiunge i 60.000. È importante notare che queste stime non includono detrazioni fiscali, deduzioni o imposte locali.
Il futuro della riforma Irpef
La riforma del 2025, quindi, punta a introdurre un sistema a due aliquote: una al 23% e una al 33%. Questo modello, più intuitivo e meno penalizzante per i redditi intermedi, cerca di migliorare l’equità e la competitività del sistema fiscale italiano.
La sostenibilità di questi tagli dipenderà anche dalle entrate fiscali future, dalla crescita economica e da un eventuale riduzione della spesa pubblica.
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