Quando si parla di bambini plusdotati la mente fa subito l’associazione con dei piccoli che hanno un’intelligenza elevata rispetto alla propria età, che hanno imparato subito a leggere, scrivere o risolvere problemi aritmetici.
In realtà, come ha spiegato a Fanpage Anna Maria Roncoroni, presidente di Aistap ETS ed esperta di Gifted Education, le doti che questi bambini possiedono sono da ritracciare nel loro potenziale cognitivo, creativo e motivazionale.
Di conseguenza, consiglia la professionista, è bene che i genitori e gli insegnanti sappiano come riconoscere e gestire tale situazione nel migliore dei modi, per far crescere i piccoli con consapevolezza di sé.
Chi sono i bambini plusdotati
I bambini plusdotati, a differenza di quanto si possa pensare in maniera stereotipata, non sono coloro che eccellono a scuola o raggiungono traguardi precoci rispetto alla propria età.
Come dichiara a Fanpage l’esperta Anna Maria Roncoroni, PhD in Gifted Education e presidente di Aistap ETS, ossia l’Associazione Italiana per lo Sviluppo del Talento e della Plusdotazione, la plusdotazione coinvolge anche aspetti negativi.
Per esempio, i piccoli possono trovarsi ad affrontare momenti di noia, incomprensioni con compagni, insegnanti o genitori e vivere diversi disagi. A livello medico, ribadisce la dottoressa:
Ciò che accomuna tutti i bambini plusdotati è la combinazione di elevate capacità cognitive, grande motivazione ad apprendere e creatività.
Quest’ultima non va intesa solo in senso artistico: esiste una creatività anche matematica o scientifica ed è la capacità cioè di passare da ciò che è noto a ciò che è nuovo.
Il bambino plusdotato, quindi, si differenzia da uno “semplicemente intelligente” perché si pone costantemente nuovi obiettivi e non si limita a ciò che gli viene insegnato o mostrato, ma approfondisce autonomamente ciò che lo incuriosisce.
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Riconoscere i bambini plusdotati

Roncoroni ha ribadito anche come i bambini plusdotati non siano sempre eccellenti a scuola, anzi non è raro che i piccoli fatichino di più perché non vengono stimolati adeguatamente:
alcuni bambini plusdotati faticano a scuola.
Ciò può dipendere da un orientamento sbagliato o dal fatto che, se non vengono stimolati fin dalla primaria, finiscono per annoiarsi.
Ascoltano, capiscono tutto al volo, ma non imparano il metodo di studio né la fatica del lavoro.
Quando poi arrivano alle scuole superiori, dove è richiesta maggiore autonomia, possono trovarsi in difficoltà.
Per questo è importante riconoscere precocemente la plusdotazione e proporre percorsi adeguati che permettano di “faticare bene”, cioè di misurarsi con sfide alla propria altezza.
Per riconoscere i bambini plusdotati, inoltre, è utile un confronto con insegnanti e pediatri, che hanno gli strumenti per analizzare al meglio il bimbo. Tra i segnali principali, a ogni modo, riscontrabili anche dai genitori, rientra la più comune facilità ad annoiarsi a scuola.
La valutazione, ribadisce l’esperta, deve avvenire sempre considerando il piccolo nella sua complessità, che include carattere, motivazione, momento evolutivo. Infatti, se non si riconosce tale plusdotazione, è possibile che i bimbi sviluppino disaffezione scolastica, scarsa autostima o addirittura disturbi psicosomatici.
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I consigli per gli adulti
Anna Maria Roncoroni ha confidato a Fanpage alcuni accorgimenti che i genitori o gli insegnanti di bambini plusdotati dovrebbero adottare. Innanzitutto, non bisogna pretendere la perfezione, ma al contrario lasciarli liberi di sbagliare per misurarsi con i propri limiti. Continua la dottoressa:
Altro errore comune è cercare la “scuola perfetta” per far spiccare il volo al ragazzo.
La scuola perfetta non esiste.
Esiste piuttosto la capacità di costruire, insieme, un percorso in cui il talento possa crescere senza trasformarsi in peso o in solitudine.
Per valorizzare i bambini plusdotati, fa sapere l’esperta, si sta discutendo una sperimentazione triennale a loro dedicata, ma in Italia la situazione è ancora frammentata:
Servirebbe una legge chiara che definisca diritti e percorsi, ma anche una cultura più inclusiva.
L’individuazione e la selezione non può, per esempio, dipendere solo dagli insegnanti, altrimenti molte delle bambine e dei ragazzi la cui plusdotazione non si palesa tra i banchi di scuola rimarranno sempre invisibili.
In un Paese dove il tasso di natalità cala, i laureati sono pochi e molti talenti emigrano all’estero non solo per motivi economici ma per mancanza di opportunità di crescita, riconoscere e valorizzare la plusdotazione dovrebbe essere un investimento strategico sul futuro.


