L’addio di Anna Wintour alla direzione di Vogue USA ha fatto il giro del mondo in poco tempo. Icona di stile, temutissima dai più famosi stilisti per i suoi commenti attenti, la giornalista ha saputo raccontare la moda e non solo.
Lei stessa, infatti, ha ispirato intere generazioni con il suo iconico caschetto e gli occhiali da sole sempre presenti. A renderla un vero e proprio personaggio rivoluzionario nel mondo della moda globale è stata soprattutto la sua determinazione, accompagnata da un’attenzione meticolosa a ogni dettaglio.
Ripercorriamo, dunque, i momenti salienti della carriera di Anna Wintour, cercando di comprendere cosa rende una persona una vera e propria icona di stile.
I primi passi nel giornalismo di moda
Anna Wintour è nata a Londra nel 1949 da Charles, direttore dell’Evening Standrad, e da Eleanor “Nonie” Trego Baker, erede di una famiglia accademica. Wintour, quindi, cresce in un londinese ambiente colto e già inserito nell’editoria.
Dopo aver lasciato gli studi di moda, infatti, inizia a lavorare dapprima in una boutique, per poi scrivere per la rivista underground Oz. In questi anni, Wintour coltiva la passione per l’estetica e l’editoria.
Viene, quindi, assunta presso la rivista britannica di moda Harper’s & Queen. In seguito, vola a New York, dove collabora con testate di rilievo quali Harper’s Bazaar e Viva, rivista erotica per donne. Nel 1985 fa ritorno a Londra, ottenendo la nomina a caporedattrice di British Vogue. È questo il momento della svolta.
Leggi anche: Chi è Maria Grazia Chiuri, ex direttrice Dior e prima donna a guidare il brand
La rivoluzione di Vogue

Quando nel 1985 è approdata come caporedattrice di British Vogue, Anna Wintour ha mostrato immediatamente il suo modo di lavorare. Appena arrivata, ha fatto licenziare gran parte dello staff, per rinnovare la redazione.
Questo gesto le è valso il soprannome di “Nuclear Wintour“, ma ha rappresentato un grande momento per la storia mondiale della moda. La giornalista ha portato il suo occhio visionario nel magazine newyorkese di interior design House & Garden, inserendo celebrità nei servizi fotografici e spingendo l’estetica del magazine verso quella di Vanity Fair.
È nel 1988, quando prende le redini di Vogue America, che Anna Wintour esprime a pieno ciò che per lei voleva dire alta moda: insieme di lusso ed elementi urban. Questo connubio è palesato nella sua prima copertina, in cui Michaela Bercu si presenta con un top gioiello Christian Lacroix e un jeans da 50 dollari.
È la prima volta che il denim appare in prima pagina. Da questo momento in poi, quindi, Vogue diventa non solo espressione della moda del momento, ma anche dei cambiamenti sociali e culturali dell’epoca. Un simbolo di innovazione e rivoluzione.
Leggi anche: Chi è Pierpaolo Piccioli, direttore creativo di Balenciaga: che novità porterà?
Anna Wintour nella cultura popolare
L’influenza di Anna Wintour non si è limitata al solo mondo della moda, approdando anche al cinema e in televisione. Il personaggio di Miranda Priestly, interpretato da Meryl Streep, ne Il diavolo veste Prada, è apertamente ispirato alla giornalista. Il film, infatti, è ispirato al romanzo di Lauren Weisberger, ex assistente di Wintour.
La direttrice di Vogue, inoltre, è stata paragonata da alcuni critici a Edna Mode, la designer del film d’animazione Gli Incredibili, e a Fey Sommers, in Ugly Betty. Come non citare, poi, il documentario The September Issue, del 2009, in cui vengono tracciati gli aspetti più umani di Wintour.
Ci si sofferma, infatti, sul lavoro dietro le quinte e il suo rapporto con la storica collaboratrice Grace Coddington. Nonostante il ruolo di spicco ricoperto, Wintour ha sempre dimostrato una grande classe anche nelle parole. In un’intervista, infatti, aveva dichiarato: “Il potere non consiste nel comandare, ma nel sapere quando è il momento di farsi da parte“.
Quale sarà il futuro di Vogue?
L’addio di Anna Wintour alla direzione di Vogue America arriva dopo 37 anni di servizio, durante una riunione dello scorso giovedì 26 giugno. La giornalista, però, non abbandonerà completamente la rivista.
Manterrà, infatti, il suo ruolo di “responsabile dei contenuti” dell’edizione internazionale del giornale, rimanendo in Condé Nast e gestendo la strategia dei contenuti globali. Come affermato dalla stessa sui social: “Il mio piacere ora è aiutare la nuova generazione di direttori a portare nuove idee“.
È già iniziata, quindi, la caccia a chi le succederà. Tra i nomi papabili compaiono Edward Enninful, direttore editoriale europeo di Vogue, e Chioma Nnadi, alla guida dell’edizione britannica. Si uniscono vari profili emergenti che rappresentano le nuove generazioni del giornalismo di moda.