Le startup vincono la crisi: in Italia danno lavoro a 50 mila persone

Valentina Cuppone
Valentina Cuppone
Valentina Cuppone, classe 1982. Caporedattore de Il Digitale. Formazione umanistica, una laurea in Lettere Moderne e una specializzazione in Comunicazione della cultura e dello spettacolo all’Università di Catania. Curiosa e appassionata di ogni cosa d’arte, si nutre di libri, mostre e spettacoli. Affascinata dal mondo della comunicazione web, il suo nuovo orizzonte di ricerca è l''innovazione.
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Parla di crescita il report sulle startup innovative elaborato il 4 luglio dal Mise e da InfoCamere, in collaborazione con UnionCamere. Il riferimento è al secondo trimestre del 2018. Circa 50 mila tra soci e lavoratori subordinati impegnati nelle imprese innovative e più di 9 mila le startup iscritte nel registro delle imprese nella sezione dedicata. Circa 500 in più rispetto al trimestre precedente. Dati che portano con sé un segno di ottimismo e positività in un paese che prova a rialzare la testa. Il rapporto del secondo trimestre 2018 sui dati demografici e le prestazioni economiche delle startup italiane dà conferma del fatto che, dal dicembre del 2012, momento in cui entra in vigore la policy a loro dedicata, queste nuove realtà si sono infiltrate con efficacia nel tessuto imprenditoriale nazionale.

Startup ad alto valore tecnologico: come riconoscerle

Alcune caratteristiche di base sono necessarie affinché un nuovo progetto possa essere definito una startup ad alto valore tecnologico. Quest’etichetta è posta solo a quelle nuove aziende che operano nel campo dell’innovazione tecnica legata a qualsiasi settore, da quello manifatturiero al digitale, dal commercio all’agricoltura. Le nuove realtà devono possedere alcuni requisiti fondamentali:

  • non devono essere quotate
  • non devono essere costituite da più di cinque anni
  • il valore annuo della produzione deve avere un valore inferiore ai 5 milioni di Euro
  • non devono aver distribuito e distribuire utili

Anche per questi criteri, anzi, soprattutto per loro, il database delle startup è condizionato da un continuo turnover. A mano a mano che crescono e si evolvono cambiando i parametri, lasciano il posto a nuove idee, creando una sorta di continuo riciclo. Ma stavamo dimenticando uno dei requisiti più importanti: le nuove aziende devono avere almeno una sede produttiva o una filiale in Italia. Perché un po’ di sano campanilismo, senza togliere niente a nessuno, è utile anche per il nostro vecchio Bel Paese. Leggi anche: L’incubatore di startup più grande al mondo punta su Milano

I numeri incoraggianti delle startup italiane

Un sistema imprenditoriale che punti su una maggiore mobilità sociale, su una forte capacità di attrazione di capitali e sul rafforzamento del legame tra azienda e università, dato che «la forza lavoro complessiva deve essere costituita per almeno 1/3 da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori, oppure per almeno 2/3 da soci o collaboratori a qualsiasi titolo in possesso di laurea magistrale», come si legge nella scheda di sintesi «La policy nazionale a sostegno delle startup innovative» del Mise, 23 febbraio 2017. Sono queste le imprese che al 4 luglio fanno registrare una crescita di circa 500 unità rispetto a marzo, contando poco più di 9 mila realtà e rappresentando il 3% delle società costituite in Italia nell’arco degli ultimi 5 anni. Si presume che diano lavoro a circa 50 mila persone, di cui il 19,8% sono quei famigerati millennials, quella generazione under 35 che con l’innovazione tecnologica sembrano andare tanto a braccetto. Leggi anche: 7 modi in cui i millennials stanno migliorando il mondo del lavoro

Sturtup e giovani imprese scelgono l’innovazione

Pane per i denti delle startup è sicuramente il settore dei servizi che copre il 71,7% delle giovani imprese. Prevalgono le aziende che si occupano di produzione di software e consulenza informatica (32,9%), seguite da attività di ricerca e sviluppo (13%), per finire con i servizi d’informazione (9,2%). Al 18,8% si colloca il settore manifatturiero, come la fabbricazione di macchinari, di computer e prodotti elettronici e ottici, di apparecchiature elettriche. Solo il 4% opera nel commercio. Dai dati riportati nel report del Mise salta subito all’occhio come l’incidenza di startup innovative rispetto al totale delle nuove società di capitali sia maggiore quando si parla di aziende che si occupano di fabbricazione di computer, produzione di software, ricerca e sviluppo. Leggi anche: Come valorizza Napoli facendo l’imprenditore quando tutti dicono di andare via

Verso la rinascita: in crescita l’occupazione giovanile

La Lombardia è la regione in cui è localizzato il maggior numero di startup, circa il 24,3% del totale nazionale, e Milano è la provincia con la concentrazione più elevata. Stimolare la crescita significa anche puntare su valori di sostenibilità e di sviluppo tecnologico. Un nuovo sistema acceso da una cultura imprenditoriale che guarda e si rivolge all’innovazione e, perché no, all’occupazione giovanile. Per provare a dare spazio anche ai nostri giovani che troppe volte decidono di andare via e tornare qui solo per le vacanze. Insomma, come dice un vecchio proverbio, finché c’è vita c’è speranza. E da questi dati il fermento sembra non mancare.   di Valentina Cuppone

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Valentina Cuppone, classe 1982. Caporedattore de Il Digitale. Formazione umanistica, una laurea in Lettere Moderne e una specializzazione in Comunicazione della cultura e dello spettacolo all’Università di Catania. Curiosa e appassionata di ogni cosa d’arte, si nutre di libri, mostre e spettacoli. Affascinata dal mondo della comunicazione web, il suo nuovo orizzonte di ricerca è l''innovazione.
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