La Crisi dei missili di Cuba ci insegna come evitare una guerra nucleare

In un mese in cui la politica e l’opinione pubblica parlano di Armageddon il paragone tra questo ottobre e quello di sessanta anni fa a Cuba è inevitabile. Evitiamo così la guerra nucleare.

Domenico Di Sarno
Domenico Di Sarno
Informatico e politologo laureato con Lode. amante dei libri di ogni genere perché fortemente convinto che la cultura sia come il cibo, ne serve ogni giorno per nutrire la mente. Appassionato di storia e diritto costituzionale.
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Il 16 ottobre 1962 la CIA informa il presidente degli Stati Uniti, John Fritzgerald Kennedy della presenza di missili sovietici MRBM a Cuba. Ha inizio la crisi di Cuba, il momento più caldo della Guerra Fredda, che si risolve 13 giorni dopo, grazie alla volontà comune di Kennedy e Kruscev di mostrare i muscoli senza arrivare a uno “scontro nucleare totale”.

Crisi dei missili di Cuba, antefatti e politica interna

In quel mese di ottobre di sessanta anni fa gli Stati Uniti incrementano il loro supporto al Vietnam del sud pur senza impegnarsi ancora nella sanguinosa guerra ai Vietcong che durerà fino al 1975. Il presidente Kennedy, sul fronte della politica interna, deve consentire a se stesso e allo stato maggiore di riscattare la brutta figura patita dalle forze americane nella fallita invasione della Baia dei Porci nell’anno precedente. Dal punto di vista prettamente politico è impegnato nella campagna elettorale per le elezioni di Midterm, esattamente ciò che sta facendo oggi Biden.

Perché il mondo sfiorò l’apocalisse nucleare

Nella data cruciale del 16 ottobre 1962 il presidente Kennedy riceve i consiglieri militari, i servizi segreti e lo stato maggiore del Pentagono. Alcuni aerei spia U2 rilevano la presenza di missili sovietici a Cuba. Gli USA già dal 1959 cercano di rovesciare il regime instaurato dal leader maximo Fidel Castro con la rivoluzione castrista. Ma senza esito.

L’attacco alla Baia dei Porci del 1961 dove canalizzare il malcontento degli esuli cubani per rovesciare il regime filocomunista senza far apparire le forze americane come direttamente coinvolte nel conflitto. Il tentativo fallisce: gli USA appaiono come aggressori del piccolo paese caraibico.

Si giunge a un accordo, quello del luglio 1962, per l’installazione dei missili sovietici a Cuba. I missili non rappresentano un pericolo immediato per gli USA ma attribuiscono un vantaggio strategico a Mosca. Normalmente un missile IRBM impiega 28 minuti per raggiungere un qualsiasi punto del globo se lanciato dall’Arizona può colpire Mosca in meno di mezz’ora. Un missile dello stesso tipo, lanciato da Cuba può colpire una qualsiasi città americana in circa 5 minuti compromettendo la capacità di ritorsione degli Stati Uniti.

Come il dialogo ha evitato la guerra nucleare

Il presidente Kennedy è isolato tra i falchi e le colombe. Una buona parte dello stato maggiore, tra cui il generale Curtis LeMay, suggerisce l’annientamento totale di Cuba. L’ex segretario di Stato, Dean Acheson, preme per un ultimatum. Il Congresso si spacca. Kennedy è consapevole che la distruzione di Cuba provocherebbe la risposta Sovietica e il rischio di una guerra nucleare totale. E alla fine, supportato dalla quasi totalità del governo americano ordina il blocco totale di Cuba. Fu imposta un “quarantena”: le navi della marina americana ispezionano quelle sovietiche, dirette a Cuba e fermano quelle contenenti materiale militare offensivo.

Per coincidenze fortunate non ci sono incidenti, resta il problema dei missili già presenti sull’isola. Per risolverlo gli Stati Uniti si impegnano in due patti, uno pubblico e uno segreto. Gli Usa ammettono pubblicamente di rinunciare a invadere Cuba. E segretamente a smantellare i missili Jupiter in italia e Turchia.

I momenti caldi della Guerra Fredda

La Guerra Fredda è fatta di episodi di questo genere: la guerra di Corea, l’invasione fallita di Cuba, la crisi dei missili, la guerra in Vietnam, quella Sino-Russa, l’appoggio della CIA alla resistenza afgana nel 1979. Le due superpotenze dominanti, USA e URSS, supportano a turno l’una i rivali dell’altra senza mai partecipare al conflitto in maniera aperta, temendo lo spettro della guerra nucleare.

L’atomica e l’orologio dell’apocalisse nucleare

Oggi, a sessant’anni di distanza, pare che le regole non scritte della Guerra Fredda siano state messe in sordina. Nel 1962 gli stati maggiori premono per una guerra, mentre la politica per una soluzione diplomatica. Vince la volontà di comunicare.

Non si tratta di una guerra, ma di un modo di comunicare per scongiurare la guerra: ad affermarlo è il segretario alla difesa McNamara.

Gli analisti militari e i politologi mantengono il famoso orologio dell’apocalisse. Si tratta di un sistema convenzionale che simula un orologio nel quale la mezzanotte corrisponde alla guerra nucleare. Durante la crisi di Cuba non c’è tempo per aggiornare le lancette, oggi siamo a 40 secondi dalla mezzanotte.

Dobbiamo imparare dal Novecento

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Nello scenario attuale vengono meno molte cose in confronto al passato. Non c’è più quella forma di riverenza reciproca tra le superpotenze, una riverenza che impediva all’una di mettersi apertamente contro l’altra. Certo il vecchio gioco politico è noto a tutti gli attori del globo: una superpotenza entra in guerra per motivi politici e l’altra supporta il paese aggredito. Tutti lo sanno, ma nessuno ha le prove.

Oggi si pronunciano parole molto forti: Armageddon, inverno nucleare, apocalisse. I giornali ribattono ogni giorno la parola nucleare, quasi come se questa porti più copie in edicola o più clic sul web. È legittimo, i giornali sono imprese che giustamente perseguono un profitto. Il problema è che spesso chi scrive manca di conoscenze storiche e politologiche per poter fare un’analisi accurata. Chiariamo subito che le variabili sono molteplici e nessuno ha la sfera di cristallo per prevedere il futuro. Il Novecento ci ha riservato tante sorprese, belle o cattive, che mai avremmo immaginato, e proprio dal Novecento si può imparare.

Guerra nucleare, confronto con il passato

Gli attori sulla scena internazionale non sono più soltanto due, le armi nucleari sono in possesso di vari paesi e le potenze principali sono tre, Usa, Russia e Cina. Quest’ultima è in crescita e come sappiamo le guerre solitamente portano progresso scientifico, ma periodi di recessione. A un paese in via di sviluppo, non conviene la guerra mondiale. Non conviene nemmeno ai giganti economici del sud est asiatico e in questo caso gli interessi sono trasversali.

Il Giappone alleato degli americani non vuole una guerra mondiale. Il Vietnam, che dopo la guerra si è occidentalizzato, non ha interesse per una guerra mondiale. L’India, da sempre in un rapporto ambiguo con la Cina, ha i medesimi interessi di mantenere la pace per lo sviluppo economico. In Russia c’è Putin, uomo del KGB e quindi della Guerra Fredda.

Biden è più anziano di dieci anni e fa politica dagli anni Settanta. Entrambi i leader hanno una esperienza di lungo corso e sono consapevoli, parole di Putin, che una guerra nucleare non può avere vincitori, noi aggiungiamo, al massimo potrebbe avere sopravvissuti.

Poi c’è l’Unione Europea che almeno in questa fase parla, quasi, con una sola voce. L’Europa ha pagato il dazio più alto dopo le due guerre mondiali e, nonostante i proclami e la volontà di seguire l’influente alleato americano, è composta da leader autorevoli, che perseguono gli interessi dei propri paesi. Hanno imparato il postulato: la guerra circoscritta aiuta l’economia, quella mondiale la danneggia.

Perché la guerra mondiale è quasi impossibile

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La probabilità che Putin decida di usare armi nucleari tattiche, per quanto sia spinto dai falchi, è sostanzialmente bassa. La propaganda è viva e accesa, ma se anche, ragionando per assurdo, la Russia usasse un’arma nucleare tattica in Ucraina, la guerra resterebbe circoscritta, perché in termini umani ed economici, una guerra mondiale costerebbe troppo. Perché questa si verifichi dovrebbero impazzire troppi leader contemporaneamente. E non solo i leader: dovrebbero impazzire troppe persone contemporaneamente. Una volta il sette volte presidente del consiglio Giulio Andreotti rispose a una domanda “Presidente cosa farebbe se avesse un potere assoluto?” e la risposta fu “sicuramente qualche sciocchezza”. Per fortuna un potere assoluto non lo ha nessuno.

Leggi anche: Biden: “Putin non scherza, si rischia un’Armagheddon nucleare”. Usa apre soluzione diplomatica

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Informatico e politologo laureato con Lode. amante dei libri di ogni genere perché fortemente convinto che la cultura sia come il cibo, ne serve ogni giorno per nutrire la mente. Appassionato di storia e diritto costituzionale.
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