A fine anno entrerà in vigore, per le grandi aziende, il Regolamento Europeo contro la Deforestazione (EUDR) con cui l’UE si impegna a garantire che i prodotti commercializzati nel proprio mercato non contribuiscono alla distruzione delle foreste a livello globale.
Dal 31 dicembre 2025, obbligo che slitta di un anno per le PMI, le imprese del Continente saranno quindi tenute ad assicurare che le materie prime usate, e i beni derivati, non provengano da suoli che siano stati soggetti a deforestazione o degrado a partire dal 31 dicembre 2020, e che siano lavorate in compliance con le leggi del paese di produzione (inclusi l’uso del suolo, la protezione ambientale e forestale, i diritti dei lavoratori, i diritti delle comunità indigene, l’anticorruzione e le normative commerciali e doganali).
L’obiettivo della norma è diminuire l’impatto dell’UE in termini di riduzione di ettari delle foreste tropicali, ecosistemi unici che una volta distrutti non possono essere ripristinati.
Stando ai dati forniti da KPMG, nel 2017 il contributo alla deforestazione associato al commercio internazionale dell’UE ha rappresentato il 16% del totale globale, che equivale a 116 milioni di tonnellate di CO₂ e 203 mila ettari.
Questi numeri pongono l’UE al secondo posto tra i maggiori responsabili della deforestazione, preceduta solo dalla Cina (24%) e seguita dagli Stati Uniti (7%).
Cosa prevede il Regolamento sulla deforestazione

Le foreste sono un patrimonio inestimabile di cui l’umanità non può fare a meno: a livello globale, esse svolgono un ruolo cruciale nei cicli del carbonio e dell’acqua, aiutando a rimuovere CO₂ dall’atmosfera e contribuendo al rilascio di ossigeno.
Tanto è vero che la deforestazione per il World Economic Forum (WEF) non solo è inclusa nei primi quattro rischi dei prossimi dieci anni (ovvero eventi climatici estremi, perdita di biodiversità e collasso degli ecosistemi, variazioni critiche nei sistemi terrestri, e scarsità di risorse naturali), ma è un fenomeno che accelera o contribuisce anche agli altri tre.
Il Regolamento Europeo contro la Deforestazione mira a ridurre l’impatto ambientale dei consumi nell’Unione Europea, impedendo l’importazione e la commercializzazione di prodotti legati a pratiche di deforestazione o degrado forestale.
L’EUDR prende in considerazione le sette materie prime che costituiscono le principali cause di deforestazione a livello globale, ovvero olio di palma (35%), soia (33%), legno (9%), cacao (8%), caffè (7%), bovini (5%) e gomma (3%), nonché una serie di derivati e prodotti con esse realizzati.
Le aziende che importano, vendono o esportano tali materie prime e i loro derivati/prodotti inclusi nell’ambito di applicazione, sono tenute a garantire che gli obiettivi del regolamento siano rispettati, tramite la preparazione e la presentazione delle Dichiarazioni di Due Diligence EUDR.
Le dichiarazioni devono poi essere presentate all’Autorità EUDR dello Stato Membro prima che i prodotti interessati siano immessi sul mercato o esportati, fornendo informazioni a livello di lotto.
Gli stakeholder coinvolti
Secondo l’EUDR le categorie di stakeholder rilevanti per il regolamento sono due:
- “operatore”, ovvero qualsiasi persona fisica o giuridica che, nel corso di un’attività commerciale, immette sul mercato o esporta prodotti rilevanti
- “commerciante”, ovvero qualsiasi persona della catena di approvvigionamento diversa dall’operatore che, nel corso di un’attività commerciale (trasformazione e distribuzione a consumatori commerciali o non commerciali), rende disponibili sul mercato i prodotti in questione.
Gli obblighi previsti dall’EUDR si applicano indipendentemente dalla dimensione dell’azienda o dal quantitativo di merce, mentre sono previste delle semplificazioni per le piccole e medie imprese (PMI).
Sfide e raccomandazioni future
La transizione verso filiere ‘deforestation-free’ porta con sé una serie di sfide, secondo la società di consulenza internazionale KPMG, che riguardano l’incertezza sull’applicabilità, la scalabilità e velocità di compliance, la tracciabilità delle catene di approvvigionamento globali e dei flussi di dati, la complessità delle catene di fornitura globali e gestione degli stakeholder e i cambiamenti nella governance interna.
Per affrontarle, sono necessarie innovazione, formazione e visione strategica. Soprattutto, scrive KPMG, sarà fondamentale trasformare un obbligo normativo in un’opportunità per rafforzare la gestione della resilienza delle proprie filiere, in linea con le aspettative di clienti, investitori e opinione pubblica.
Come farsi trovare pronti secondo KPMG
Secondo gli esperti KPMG, le aziende devono adottare un approccio strutturato che includa:
- mappatura della filiera: identificare tutti i fornitori e raccogliere informazioni precise sull’origine dei prodotti
- implementazione di sistemi di tracciabilità: utilizzare dati geolocalizzati e strumenti digitali per garantire la conformità
- due diligence documentata: conservare prove concrete che dimostrino la provenienza legale e sostenibile delle materie prime
- formazione interna: sensibilizzare i team su responsabilità e procedure legate al regolamento
- coinvolgimento dei fornitori: richiedere trasparenza lungo tutta la catena di approvvigionamento, con clausole contrattuali chiare
KPMG sottolinea che l’adeguamento non è solo un obbligo, ma anche un’opportunità per le aziende di rafforzare la fiducia del mercato, consolidare rapporti con partner internazionali e allinearsi agli standard ESG richiesti da investitori e stakeholder.
Le imprese che si muovono per tempo potranno trasformare un vincolo normativo in un vantaggio competitivo.
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