Dalle ceneri di Genova risorge la fenice Italia

Domenico Di Sarno
Domenico Di Sarno
Informatico e politologo laureato con Lode. amante dei libri di ogni genere perché fortemente convinto che la cultura sia come il cibo, ne serve ogni giorno per nutrire la mente. Appassionato di storia e diritto costituzionale.
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Il 16 agosto del 2018 l’Italia intera è stata testimone di una delle più grandi tragedie legate al mondo delle infrastrutture degli ultimi decenni. Il ponte Morandi che permetteva di attraversare il viadotto Polcevera nella città di Genova era crollato all’improvviso portando con sé ben 43 vite, spezzate solo perché qualcuno andava in vacanza e qualcun altro, nonostante il caldo e la bella stagione, continuava ancora il suo lavoro. Dopo la caduta, le immagini dell’autocarro che rimase fermo, a pochi metri dal baratro, fecero il giro del mondo divenendo l’emblema della buona fortuna, di quel passo fatto un po’ prima, o forse un po’ dopo, dipende dai punti di vista, e che alla fine può salvare o spezzare una vita.

Le polemiche iniziali

Nei giorni e nei mesi immediatamente successivi si susseguirono le polemiche circa la cattiva gestione. Il ministero delle infrastrutture e dei trasporti cercò, riuscendoci parzialmente, di censire le infrastrutture a rischio in tutta Italia, sia quelle gestite dalla stessa società, sia quella sotto la responsabilità di Anas o di altre concessionarie

L’abbattimento, opera di precisione e ingegneria

Meno di un anno dopo, il 28 giugno 2019 si demolì l’intero viadotto, con una manovra di alta ingegneria e pianificata nei minimi dettagli con l’aiuto anche di tecnici e ingegneri del genio: una implosione che in totale durò 8 secondi, per far posto ad un ponte completamente nuovo, progettato dall’architetto genovese nonché senatore a vita Renzo Piano. L’architetto di fama mondiale di origini genovesi dichiarò che il progetto era il “dono alla sua città”. Fin dai primi giorni, il governo da poco insediato, assicurò che ci sarebbero stati tempi brevi per le varie fasi di messa in sicurezza, abbattimento e ricostruzione. I problemi non sono stati pochi e l’opera è ancora in corso. Il 27 aprile 2020, esattamente 620 giorni dopo la disgrazia e 304 dopo l’abbattimento, il ponte è stato ricostruito.

Un simbolo di rinascita

Perché diventi agibile è ancora presto, probabilmente occorrerà attendere la fine del mese di luglio ma il messaggio è chiaro, l’Italia è un paese da 50 giorni in quarantena, il motore produttivo è rallentato al minimo indispensabile, i problemi sociali dilagano e l’economia accusa il colpo così come quella di tutti gli altri paesi ma il sistema paese questa volta ha retto e funzionato. Ben mille persone hanno lavorato per 24 ore al giorno per più di un anno per giungere ad ottenere questo risultato. Un risultato che oggi più che mai ha un potere salvifico e forse, è una iniezione di fiducia per tutto il sistema Italia, una fiducia di cui abbiamo tutti bisogno.

Un motivo per essere orgogliosi di essere italiani

Oggi più del solito potremmo essere orgogliosi di essere italiani e smetterla di ripetere frasi retoriche e inopportune del tipo “mi vergono di essere italiano”, frase che troppe volte prendiamo alla leggera e probabilmente pronunciamo senza ponderarne il significato. Il paese ha “fatto squadra”, ha dimostrato che il mito della fenice che risorge dalle sue ceneri trova concretezza nella vicenda del ponte Morandi. L’auspicio è che tutta l’Italia possa rialzarsi e trovare, nelle sue ceneri, la capacità di superare questo momento che purtroppo è ancora da superare.   di Domenico Di Sarno

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