C’è un momento, spesso improvviso, in cui la vita cambia direzione e costringe a fermarsi. È da questo punto di svolta che nasce Tre Ciotole, il nuovo film di Isabel Coixet tratto dall’omonimo romanzo di Michela Murgia. Un’opera che non solo omaggia la voce indimenticabile dell’autrice sarda, scomparsa nel 2023, ma la rinnova e la proietta sul grande schermo. Come comunicato dall’Ansa, la pellicola sarà presentata in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival (TIFF) dal 4 al 14 settembre 2025, prima dell’uscita nelle sale italiane il 9 ottobre, distribuito da Vision Distribution.
Tre Ciotole è un’opera letteraria e un testamento emotivo. È un libro che racconta la crisi non come punto di rottura, ma come occasione di trasformazione. E ora, con la regia delicata e intensa di Isabel Coixet, questo messaggio trova nuova forma attraverso immagini e voci.
Ma Tre Ciotole è anche un atto d’amore verso Michela Murgia. Non solo perché prende forma da un suo romanzo, ma perché ne incarna lo spirito combattivo e vulnerabile. Murgia ha sempre difeso la possibilità di essere fragili, di raccontare il dolore senza vergogna, di vivere pienamente anche nella malattia. Il film raccoglie questa eredità con rispetto e passione e invita lo spettatore a fare altrettanto: ad ascoltarsi, a fermarsi, a cambiare.
Tre Ciotole: una storia che comincia da una fine
“Conosco già la fine della storia, ma non mi sento una perdente”. Con queste parole, pronunciate durante un’intervista ad Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera poco prima dell’uscita del suo ultimo libro nel 2023, Michela Murgia lasciava un’impronta di lucidità e coraggio.
La trama del film si apre con una separazione. Marta (Alba Rohrwacher) e Antonio (Elio Germano) si dicono addio dopo una discussione apparentemente insignificante. Ma sotto la superficie si nasconde un terremoto emotivo. Lei si chiude in un silenzio profondo, lui si rifugia nel lavoro da chef di successo. Ben presto, Marta smette di mangiare: non per una scelta consapevole, ma perché qualcosa nel corpo e nell’anima si spezza. È solo l’inizio di un percorso di consapevolezza che la porterà a rimettere in discussione tutto: il gusto del cibo, il significato dell’amore, il senso stesso dell’esistenza.
Accanto ai due protagonisti, un cast ricco e sfaccettato dà vita a una narrazione corale. Francesco Carril interpreta un medico dal volto umano, che accompagna Marta nei primi passi di diagnosi. Silvia D’Amico è l’amica che non abbandona, presenza costante e silenziosa. Galatea Bellugi offre un momento di struggente empatia nei panni di una giovane paziente, mentre Sarita Choudhury veste il ruolo di una nutrizionista olistica che introduce Marta alla ritualità delle “tre ciotole”. Ognuno di loro diventa uno specchio, una guida o un ostacolo nel cammino verso la rinascita.
Il cinema come strumento di ascolto e guarigione

Il titolo del film non è casuale. Le tre ciotole sono un rito, un piccolo atto di presenza. Preparare un pasto con attenzione, usando tre semplici contenitori, diventa metafora di un ritorno alla vita, di una cura che parte dal corpo per toccare lo spirito. In un mondo che corre, fermarsi a riempire tre ciotole può essere un atto rivoluzionario. È questo uno dei lasciti più potenti del libro di Murgia e del film di Coixet: restituire valore alla lentezza, alla ritualità, alla consapevolezza.
Isabel Coixet, già nota per opere come La vita segreta delle parole, ha un talento particolare nel raccontare l’universo femminile, il dolore non urlato, le trasformazioni interiori. In Tre Ciotole ogni scena è costruita con rispetto, ogni silenzio parla. Vogue Italia riporta le parole della regista:
Tre Ciotole è il mio paesaggio interiore, racconto di una donna alle prese con due eventi simultanei: una separazione dolorosa e l’inevitabile.
Ma non è una donna che cerca compromessi; è una donna che si inchina, consapevole che sorgerà di nuovo altrove.
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