Adelina Sejdini, ex prostituta anti-racket non ottiene la cittadinanza: si uccide gettandosi da un ponte a Roma

Adelina Sejdini ha lottato una vita: dapprima vincendo contro i suoi aguzzini, che l'avevano costretta a prostituirsi, poi per ottenere la casa popolare e la cittadinanza, non riuscendoci.

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.
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La storia di Adelina Sejdini lascia tanta amarezza in chi l’ascolta. L’ex prostituta 47enne di origini albanesi, rapita, picchiata e violentata a 22 anni, si era battuta tanto da riuscire a far arrestare 40 dei suoi sfruttatori, membri del racket albanese che controllavano la prostituzione in Italia negli anni 90. Poi era arrivato il cancro al seno che la costringeva a continui ricoveri. Combatteva contro questo male ma anche per ottenere la casa popolare e la cittadinanza italiana.

Adelina non ce l’ha fatta. Domenica si è lanciata dal cavalcavia di ponte Garibaldi, a Roma. In una recente foto pubblicata sul suo profilo Facebook scriveva: “Sto facendo la chemioterapia per cancro al terzo stadio”.

Adelina Sejdini, sola nelle battaglie della sua vita

Adelina Sejdini_

Adelina Sejdini è nata a Durazzo, in Albania. Nel 1996, a 22 anni era stata portata in Italia per prostituirsi. Ma la donna era riuscita a far arrestare molti dei suoi aguzzini. Da Varese si era trasferita a Pavia, dopo viveva da vent’anni. Aveva continuato a lottare per una casa, la cittadinanza e contro il tumore che l’aveva colpita. Malata, con un’invalidità al 100%, percepiva un assegno di 285 euro.

Si era rivolta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella ed era venuta a Roma per poter parlare con lui ma non riuscendoci si era cosparsa di alcool e si era data fuoco. Ricoverata all’ospedale Santo Spirito per le ustioni riportate sarebbe dovuta rientrare a Pavia. Sabato però ha deciso di porre fine alla sua esistenza, gettandosi dal ponte Garibaldi.

Il 3 novembre, ospite a L’aria che tira su La7 aveva raccontato:

Io se torno in Albania sono una donna morta, ho paura di essere ammazzata da quelli che ho fatto arrestare.

Adelina Sejdini, il triste epilogo

Adelina Sejdini dopo l’arresto dei suoi aguzzini negli anni si era impegnata negli anni a fianco dei City Angels, per aiutare le giovani prostitute vittime del racket. Non volendo più la cittadinanza albanese gli era stato riconosciuto lo stato di apolide, almeno fino all’ultimo rinnovo del permesso di soggiorno, in cui aveva perso questo status quindi non poteva più prendere i sussidi e la pensione d’invalidità, che le era stata riconosciuta al 100%.

In questa condizione anche l’assegnazione della casa popolare risultava difficile. Per questo era venuta a Roma con l’intenzione di parlare al presidente della Repubblica o a un funzionare del ministero dell’Interno ma non riuscendoci il 28 ottobre si era data fuoco. Ecco cosa raccontava dopo aver compiuto questo tragico gesto, come riportato da Il Fatto Quotidiano:

Ho presentato la domanda per avere una casa popolare, ma adesso me la sogno. I documenti non corrispondono più.

E non posso accettare la cittadinanza albanese, dal momento in cui me l’hanno scritto ho gli incubi. Mi ammazzo piuttosto.

Leggi anche: Uccise il padre violento per difendere la madre, il pm: “Chiedo 14 anni per Alex ma non li merita”

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