Salario minimo: misura contro la povertà presente in 21 Stati Ue, ma in Italia sembra un miraggio. Perché?

Enrico Letta ha indicato il salario minimo come una delle 5 priorità del Pd in tema di lavoro, ma il Governo non l'ha inserita nella sua agenda. Perché in Italia una misura simile sembra un miraggio?

Asia Buconi
Asia Buconi
Classe 1998, romana. Laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali, ama l’attualità e la letteratura, ma la sua passione più grande è la sociologia, soprattutto se applicata a tematiche attuali. Nel tempo libero divora film e serie tv.
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In Italia il salario minimo garantito è un miraggio. Dopo la proposta di una tassa di successione sui patrimoni dei più ricchi, il segretario dem Enrico Letta, con l’appoggio del M5S e di LeU, ha fatto un’altra richiesta al Governo Draghi: inserire all’interno del cosiddetto “Patto per la ripresa”, lanciato giovedì all’assemblea di Confindustria, il salario minimo legale.

Enrico Letta ha indicato tale misura come una delle priorità del Pd in tema di lavoro, da realizzarsi sempre nel contesto del piano lanciato da Draghi. Le urgenze dei dem, al momento, sono cinque: blindare la gestione dei fondi del PNRR da infiltrazioni mafiose, varare un progetto serio per la sicurezza sul lavoro, portare a termine la riforma degli ammortizzatori sociali, favorire l’ingresso dei giovani nel mercato lavorativo mettendo fine alla vergogna dei “finti stage” e, infine, aprire al salario minimo rafforzando pure la contrattazione collettiva. Ma, al momento, nell’agenda di Palazzo Chigi non sembra comparire tale misura.

Salario minimo, la situazione dell’Ue: la classifica dei salari nei 21 Paesi che hanno adottato tale misura

Salario minimo, la situazione dell'Ue: la classifica dei salari nei 21 Paesi che hanno adottato tale misura

Nel nostro Paese si parla pochissimo di salario minimo garantito: la situazione italiana è a tutti gli effetti un’anomalia. Il minimo salariale, infatti, è realtà in 21 dei 27 Stati dell’Unione europea (rimangono fuori, oltre l’Italia, Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia).

Il salario minimo garantito dei 21 Stati che l’hanno adottato non ha lo stesso valore ovunque. Tale differenziazione si spiega incrociando il valore del Pil pro-capite con quello del costo della vita, notoriamente più elevati nel Nord Europa, che infatti presenta i minimi salariali più alti in assoluto. Stando al rapporto Eurostat relativo ai dati di gennaio 2021, la classifica dei salari minimi dei Paesi Ue (in ordine crescente) è la seguente:

  • Bulgaria, 332 euro
  • Ungheria, 442 euro
  • Romania, 458 euro
  • Lettonia, 500 euro
  • Croazia, 563 euro
  • Repubblica Ceca, 579 euro
  • Estonia, 584 euro
  • Polonia, 614 euro
  • Slovacchia, 623 euro
  • Lituania, 642 euro
  • Grecia, 758 euro
  • Portogallo, 776 euro
  • Malta, 785 euro
  • Slovenia, 1.024 euro
  • Spagna, 1.108 euro
  • Francia, 1.555 euro
  • Germania, 1.614 euro
  • Belgio, 1.626 euro
  • Olanda, 1.685 euro
  • Irlanda, 1.724 euro
  • Lussemburgo, 2.202 euro

L’obiettivo principe del salario minimo è quello di istituire un assegno assicurato a tutti coloro che non raggiungono un introito mensile minimo, al fine di tutelare le situazioni non protette e ridurre il fenomeno della povertà. In breve, il minimo salariale garantito impedisce che la retribuizione scenda al di sotto di un livello minimo considerato dignitoso (non va confuso col reddito minimo garantito, che invece viene attribuito a chi rispetta determinati requisiti imposti dalla legge).

Salario minimo: ecco perché in Italia sembra un miraggio

Salario minimo: ecco perché in Italia sembra un miraggio

In Italia, il minimo salariale è un miraggio. Nel nostro Paese, tale misura non solo è osteggiata dagli industriali, ma pure (e soprattutto) dai sindacati, che vedono nell’introduzione del salario minimo un’iniziativa che farebbe perdere loro potere di contrattazione. I livelli di retribuizione minima italiani, infatti, sono stabiliti nei contratti di categoria e sono il risultato dei negoziati tra rappresentanti dei lavoratori e datori di lavoro. Stando alle rilevazioni dell’Istat la retribuizione oraria lorda italiana varia da un minimo di 6,15 euro degli operai agricoli con la qualifica più bassa ad un massimo di 58,85 euro per le figure apicali del settore del credito. Il valore medio è pari a 14 euro e quello mediano è 12,57 euro”.

Il salario minimo sarebbe utile per andare a fornire protezione a tutti coloro che restano esclusi dalla contrattazione collettiva. In Italia, circa l’80% dei lavoratori è coperto dai CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro), ma esistono aree a rischio: quelle dei nuovi lavori e i settori a basso salario che interessano soprattutto giovani, donne e immigrati. Non a caso, il presidente dell’INPS Pasquale Tridico ha dichiarato ieri: Giovani e donne sono le categorie più colpite dalla pandemia e il salario minimo può aiutare soprattutto loro. Tale misura non solo genera crescita e aumenti di produttività, ma ovunque è stato introdotto ha permesso miglioramenti”.

Salario minimo: i pro e i contro

Le conseguenze positive del salario minimo sono piuttosto intuitive: se aumenta il potere d’acquisto dei singoli, aumentano pure i consumi e l’economia si rimetterebbe in moto. Ma l’introduzione di tale misura potrebbe pure avere effetti negativi, come sottolineato da alcuni economisti: la perdita di posti di lavoro o l’acuirsi del lavoro nero.

I sindacati, invece, temono che introdurre il salario minimo possa appiattire verso il basso le retribuizioni, impedendo, ad esempio, di difendere il salario più alto di determinate categorie. Senza contare che un minimo salariale unico creerebbe delle disparità tra Nord e Sud (a causa del costo della vita più basso del meridione). L’altro allarme è tecnico: se il salario minimo non può superare per legge il salario medio, questo significa che in Italia, che è uno dei Paesi Ue con salari più bassi, tale soglia sarebbe piuttosto bassa. Ma i dati che arrivano dagli Stati con minimo salariale garantito raccontano qualcosa di diverso.

Salario minimo: una misura di civiltà benefica per l’economia. L’Italia spera nella direttiva Ue

Ai tempi della coalizione giallo-rossa del Governo Conte 2, la discussione sul salario minimo sembrava essersi riaccesa, per poi spegnersi definitivamente con l’arrivo del Premier Mario Draghi. L’esperienza di Paesi come la Germania mostra quanto una misura simile sarebbe più che vantaggiosa anche per l’Italia: basti pensare che l’introduzione del salario minimo orario nel 2015 a 7,50 euro (poi passati a 9,35), ha portato il 15% di lavoratori tedeschi che avevano un salario più basso di quello minimo a guadagnare di più. Con conseguenze prevedibili: un effetto quasi nullo sull’occupazione (nonostante ciò che dicono alcuni economisti), il miglioramento di alcune posizioni lavorative e la redistribuzione della ricchezza.

Introdurre il salario minimo in Italia, oltre che a rappresentare una misura di civiltà, sarebbe utile per far aumentare le entrate dei lavoratori poveri, quelli facenti parte dei decili di reddito più bassi, che sono anche i più predisposti al consumo: il loro reddito verrebbe speso, non conservato, con il conseguente aumento della domanda aggregata e un effetto benefico per l’intera economia.

Alcuni non escludono che il minimo salariale diverrà realtà anche nel nostro Paese e sono convinti che sia solo una questione di tempo: il dibattito europeo sulla direttiva comunitaria per regole uniformi per tutti i Paesi Ue potrebbe portare all’introduzione del salario minimo anche in Italia (si aggirerebbe attorno ai 950 euro lordi). Ma, nonostante questo, qui ancora non sembra tempo di salario minimo garantito.

Leggi anche: Letta propone una tassa di successione ai ricchi per aiutare i giovani, ma a nessuno importa

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Classe 1998, romana. Laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali, ama l’attualità e la letteratura, ma la sua passione più grande è la sociologia, soprattutto se applicata a tematiche attuali. Nel tempo libero divora film e serie tv.
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