Chi è Michaela Benthaus, prima astronauta con disabilità a volare nello Spazio

L'ingegnera dell'Esa Michaela Benthaus sarà la prima astronauta in sedia a rotelle a partecipare a una missione nello Spazio. Dopo l'incidente del 2018, non si è lasciata definire da ciò che ha perso.

Giorgia Fazio
Giorgia Fazio
Estremamente curiosa di questioni attuali, diritti umani e ambiente. Nel tempo libero legge testi di filosofia orientale. Se non c’è differenza non c’è relazione” è il suo mantra.
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Michaela Benthaus ha 33 anni ed è un’ingegnera dell’Agenzia Spaziale Europea. Dal 2018 è in sedia a rotelle, a causa di un incidente in mountain bike, ma questo non le ha impedito di realizzare i propri sogni.

Benthaus, infatti, sarà la prima astronauta disabile a partecipare a una missione suborbitale. Ancora non ci sono dettagli sull’evento, in quanto a comunicarli sarà la società di Jeff Bezos Blue Origin, ma è certo che il razzo scelto è il New Shepard.

A Il Corriere della Sera l’ingegnera ha raccontato tutta la sua emozione nel partecipare alla missione, con l’augurio di non essere l’unica disabile ad accedere allo spazio: Spero che il mio percorso ispiri ogni tipo di persona.

Chi è Michaela Benthaus

Michaela Benthaus è un’ingegnera tedesca di 33 anni che, come riporta SkyTg24, dopo la laurea in meccatronica e un master in ingegneria aerospaziale, ha iniziato a lavorare presso l’Agenzia Spaziale Europea (Esa), occupandosi di Mars Radio Occultation, ossia radio-occultazioni marziane.

Il 30 settembre 2018, però, la sua vita è cambiata radicalmente. Durante una discesa in mountain bike, infatti, l’ingegnera ha avuto un incidente che l’ha costretta alla sedia a rotelle: “All’inizio è stato devastante. Ma ho deciso di non definirmi attraverso ciò che avevo perso“. Il sogno di volare, infatti, non si è affievolito:

Fin da bambina mi affascinavano il volo e le stelle.

Ho sempre amato la scienza e la sensazione di libertà.

Dopo l’incidente ho capito che, anche se il mio corpo era cambiato, potevo comunque contribuire all’esplorazione spaziale.

E ora quell’opportunità è arrivata. Bentahus, infatti, parteciperà alla missione suborbitale di Blue Origin, sul razzo New Shepard.

Leggi anche: Chi è John McFall, il primo astronauta con disabilità nello spazio

La missione suborbitale

L’idea di partecipare a una missione suborbitale è nata nel 2022, quando Michaela Benthaus ha avuto un primo incontro con la microgravità. Ecco cosa riporta Open:

Durante un volo parabolico si vivono circa venti secondi di assenza di peso a ogni parabola: è una sensazione indescrivibile.

Poiché non posso usare le gambe, abbiamo creato un sistema di ancoraggio con cinghie e velcro per tenermi stabile.

Ha funzionato.

In quel momento ho capito che lo Spazio poteva davvero aprirsi a tutti.

Da lì, quindi, si è iniziato a lavorare a nuovi scenari ingegneristici nelle missioni spaziali, per permettere a chiunque di accedere ai razzi. A Il Corriere della Sera l’astronauta ha raccontato:

La parte più difficile è stata progettare come entrare e uscire, sia in condizioni normali sia in caso di emergenza.

Sulla Stazione Spaziale gli astronauti usano delle pedaliere per non fluttuare via.

Poiché io non ho controllo sulle gambe, abbiamo ideato una cintura con due supporti fissati al velcro sulle pareti.

Ha funzionato bene e mi ha mantenuta nella posizione desiderata.

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La missione di Michaela Benthaus

Un primo approccio concreto al mondo dello spazio è arrivato nel 2024, quando Benthaus ha partecipato a una missione analogica sulla terra:

Era alla base Lunares, in Polonia: due settimane senza finestre né luce naturale, solo comunicazioni via email.

Simulavamo la vita su Marte.

È stato interessante vedere come reagiamo all’isolamento e alla collaborazione in spazi ristretti.

Per quanto riguarda il volo con New Shepard, l’ingegnera ha raccontato: “Una conquista collettiva. Le difficoltà ci sono — come l’ingresso e l’uscita dalla capsula o le procedure di emergenza — ma sono superabili. La sfida più grande è cambiare la mentalità: dimostrare che la disabilità non è un limite. Lo spazio deve essere per tutti“. Al Corriere, poi, ha confessato:

Mi ispira molto il caso di John McFall, atleta paralimpico con un’amputazione a una gamba.

È stato selezionato per uno studio di fattibilità, ma non è ancora andato nello spazio.

Credo che il settore commerciale accelererà ulteriormente sull’inclusione.

Andare nello Spazio è un privilegio, per chiunque.

Non bisogna mai smettere di sognare, ma nemmeno dare nulla per scontato.

Non si sa mai quando potrà arrivare l’occasione giusta. 

Sono la prima, ma non intendo essere l’ultima.

Michaela Benathur, quindi, ha un’idea ben precisa in mente. Non solo intende raggiungere il proprio obiettivo, ma anche essere d’ispirazione: Spero che il mio percorso ispiri ogni tipo di persona, con o senza disabilità, a non rinunciare mai ai propri sogni“. 

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