La puntata del 16 settembre di È sempre Cartabianca, talk show condotto da Bianca Berlinguer su Rete4, sembrava destinata a un confronto come tanti altri sul conflitto israelo-palestinese.
In studio, da una parte Enzo Iacchetti, volto noto della televisione italiana; dall’altra Eyal Mizrahi, presidente della Federazione Amici di Israele.
Il tema era la situazione sempre più drammatica nella Striscia di Gaza, al centro di un’escalation militare che sta scuotendo l’opinione pubblica internazionale.
Ma il dibattito si è presto acceso, trasformandosi in uno dei momenti televisivi più discussi degli ultimi mesi.
Le parole di Mizrahi e la scintilla che ha fatto esplodere lo scontro
Mizrahi aveva aperto il confronto con una dichiarazione volta a ridimensionare le accuse verso Israele, escludendo l’intenzione di voler uccidere tutti i palestinesi:
È una tragedia non voluta sicuramente da Israele, non voluta da nessuno se non da Hamas.
Entrare a Gaza per Israele è grave, perché è una città enorme e moriranno molti soldati.
Parole che hanno suscitato la reazione immediata di Iacchetti, che ha interrotto con toni accesi: “E come mai ne sono già morti quasi 200mila?”.
Poi, rivolgendosi direttamente al suo interlocutore, ha accusato Israele di portare avanti da sempre una politica aggressiva verso i palestinesi. Ha puntato il dito contro una guerra impari, dal momento che gli israeliani hanno una “intelligence che è la migliore del mondo”.
Lo scontro verbale e la frase che ha fatto discutere
La tensione è salita ulteriormente quando Mizrahi ha dato del “fascista” a Iacchetti. A quel punto, il conduttore non ha trattenuto la rabbia: “Cosa hai detto? Vengo giù e ti prendo a pugni”.
Un’espressione che ha inevitabilmente alimentato polemiche, ma che ha anche reso evidente la frattura emotiva e culturale che attraversa non solo lo studio televisivo, ma l’intera opinione pubblica sul conflitto.
Il video su Instagram: “Non mi pento, ripeterei tutto”
A distanza di poche ore dalla messa in onda, Iacchetti è tornato sul caso con un video pubblicato sul suo profilo Instagram.
Lontano dai riflettori, ma con la stessa determinazione, ha ribadito di non essersi pentito:
Avevo davanti un essere impossibile, provocatore, bugiardo, ignorante e quindi se dovessi ritornare a fare Cartabianca stasera direi esattamente in quel modo tutte le parole che ho detto, dalla prima all’ultima.
Con queste dichiarazioni, l’attore e conduttore non solo conferma la sua posizione, ma sottolinea di aver voluto rompere quello che definisce un muro di silenzio televisivo sul genocidio in corso a Gaza.
Una voce fuori dal coro nella tv italiana

In un contesto mediatico spesso prudente, dove le parole vengono calibrate per evitare fratture, l’intervento di Iacchetti ha rappresentato una discontinuità forte.
Le sue frasi, pur pronunciate in un momento di rabbia, hanno portato in prima serata il termine “genocidio”, un concetto che trova spazio nei report delle Nazioni Unite e in molte organizzazioni umanitarie, ma che fatica a emergere nei grandi talk televisivi.
Il comico, forse senza premeditazione, ha dato voce a un sentimento diffuso: la necessità di non restare indifferenti di fronte a immagini e numeri che raccontano la sofferenza di un popolo.
La replica di Mizrahi: “Serve dialogo, non minacce”
Dal canto suo, Eyal Mizrahi ha provato a ridimensionare lo scontro, dichiarando ad Adnkronos che il suo intento non era offendere:
Per fare la pace bisogna essere in due.
Sono disponibile, ma non credo che Iacchetti sia in grado di affrontare un confronto dai toni amichevoli.
Secondo Mizrahi, il dibattito si è trasformato in un monologo, senza possibilità di un vero contraddittorio.
Ha respinto le accuse di aver negato la realtà e ha sottolineato la necessità di guardare al conflitto con dati e fatti concreti, senza insulti personali.
Una frattura che non lascia indifferenti
L’episodio di È sempre Cartabianca non è solo una lite tra due ospiti, ma la fotografia di un dibattito che si fa sempre più polarizzato.
Che lo si consideri un gesto impulsivo o un atto di coraggio, il risultato è stato quello di rompere il velo di prudenza della televisione italiana, aprendo uno spazio di discussione che difficilmente si richiuderà in breve tempo.
La scelta di Iacchetti non arretrare, nemmeno di fronte alle possibili conseguenze mediatiche, racconta di un uomo che ha deciso di mettere al centro non l’immagine pubblica, ma la necessità di dire ciò che pensa.
In un’epoca segnata da conflitti e narrazioni contrapposte, episodi come questo ricordano quanto sia urgente affrontare pubblicamente la questione di Gaza, non solo come fatto politico, ma come dramma umano e di coscienza collettiva.
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