Fin dal suo debutto, ChatGPT ha conquistato studenti e insegnanti, ma non senza polemiche. Le sue risposte rapide e dettagliate hanno spesso favorito il “copia-incolla”, generando timori sul reale sviluppo delle competenze cognitive degli studenti. OpenAI, però, ha deciso di affrontare la questione di petto, trasformando la percezione del suo strumento di punta.
Come si evince da HDblog, con la nuova “modalità studio” OpenAI cerca di cambiare la narrativa dominante: da strumento per risposte facili a partner per l’apprendimento. Una svolta che parla non solo di tecnologia, ma di un nuovo approccio educativo, più partecipativo e consapevole.
Attiva da fine luglio per tutte le versioni (Free, Plus, Pro e Team, con arrivo previsto anche su Edu), la modalità studio non fornisce più la risposta già pronta. Al contrario, stimola un confronto dialogico, aiutando chi studia a capire piuttosto che semplicemente sapere.
L’introduzione della modalità studio rappresenta un passo deciso verso un uso più consapevole e formativo dell’intelligenza artificiale. OpenAI sembra voler cambiare le regole del gioco: da scorciatoia a percorso, da risposta a comprensione. Il vero salto di qualità, però, starà nella volontà degli studenti di cogliere questa opportunità.
Come funziona la modalità studio di ChatGPT
Nel concreto, la modalità studio si presenta come un’interazione guidata. Alla classica domanda, ChatGPT non replica con una soluzione finita, ma con una serie di domande, spunti, suggerimenti e riflessioni. Una sorta di coaching cognitivo che prende ispirazione dal metodo socratico: la risposta nasce nel dialogo, non nella consegna.
Ogni risposta è suddivisa in sezioni, pensate per evidenziare le connessioni tra concetti e guidare il ragionamento passo dopo passo. Inoltre, grazie alla memoria conversazionale e a sistemi di personalizzazione evoluti, il chatbot adatta il livello della spiegazione all’utente e può persino proporre brevi quiz per verificare quanto appreso.
C’è però un dettaglio non trascurabile: la modalità studio è facoltativa. L’utente può attivarla o disattivarla a piacimento. Questo implica una grande responsabilità personale: il successo dello strumento dipenderà dalla motivazione dello studente a scegliere un percorso di apprendimento attivo, invece della risposta veloce.
Al momento, non esistono strumenti per docenti, genitori o amministratori scolastici che permettano di forzare l’attivazione della modalità studio. Secondo Leah Belsky, vicepresidente di OpenAI per l’istruzione, si tratta di una scelta intenzionale per privilegiare la fiducia e l’autodeterminazione degli studenti. Un approccio che valorizza la consapevolezza più che il controllo.
Un progetto costruito con gli esperti
Dietro le quinte di questa nuova funzione c’è un lavoro di collaborazione con insegnanti, ricercatori e specialisti dell’apprendimento. Le istruzioni di sistema sono state progettate per stimolare la riflessione, ma sono anche soggette a continui aggiornamenti grazie al feedback diretto degli utenti.
Nei prossimi mesi, OpenAI prevede di arricchire ulteriormente la modalità studio con nuove funzionalità: obiettivi di apprendimento personalizzabili, strumenti visivi per mappare concetti complessi e un’interazione ancora più su misura per ciascun profilo.
Il contesto rivale

OpenAI non è la sola a scommettere su un’intelligenza artificiale educativa e costruttiva. Come sottolinea HDblog, l’azienda rivale Anthropic ha introdotto ad aprile una funzione simile nel suo modello Claude, battezzandola “modalità Apprendimento”.
Google, dal canto suo, ha presentato nuovi strumenti per favorire lo studio: una modalità “canvas” nella Ricerca per generare guide e, con NotebookLM, la possibilità di trasformare appunti in presentazioni animate.
Tutti segnali di una trasformazione in atto: l’AI non è più solo un tool da interrogare, ma una presenza educativa che affianca studenti e insegnanti nel percorso di crescita.
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