Suonare uno strumento musicale mantiene il cervello sempre giovane?

Uno studio rivela: l’allenamento musicale di lunga durata preserva le funzioni cognitive e rallenta l’invecchiamento cerebrale.

Gloria Caruso
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La scrittura è una strada di cui seguire la rotta, per muoversi con determinazione tra fatti e parole. L’informazione vale solo se è fatta bene: con gli occhi attenti e la mente aperta.
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L’invecchiamento è un processo naturale che coinvolge ogni aspetto dell’organismo, incluso il cervello. Tuttavia, alcune attività sembrano in grado di rallentare questo declino, mantenendo la mente più attiva e resiliente nel tempo. Una di queste è suonare uno strumento musicale.

A sostenerlo è una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Plos Biology, secondo cui l’allenamento musicale di lungo termine contribuirebbe a preservare la percezione del linguaggio e altre capacità cognitive tipicamente colpite dall’avanzare dell’età.

Lo studio sugli strumenti musicali

Secondo i ricercatori Claude Alain (Baycrest Academy for Research and Education, Canada) e Yi Du (Chinese Academy of Sciences), l’educazione musicale rientra tra quelle esperienze di vita capaci di costruire e arricchire la cosiddetta riserva cognitiva. Questo concetto si riferisce all’accumulo di risorse mentali e neurali che permette al cervello di affrontare in modo più efficiente i cambiamenti degenerativi legati all’età.

Anche altre attività, come un alto livello di istruzione o il bilinguismo, sono state collegate a una maggiore riserva cognitiva. Tali esperienze favoriscono un’attivazione cerebrale più efficiente, limitando il sovraccarico neurale che spesso si osserva negli anziani durante compiti cognitivi complessi.

L’indagine ha coinvolto 74 partecipanti suddivisi in tre gruppi: 25 musicisti anziani, 25 anziani non musicisti e 24 giovani adulti non musicisti. A ciascun partecipante è stato chiesto di riconoscere delle sillabe mascherate da rumori ambientali, mentre veniva monitorata l’attività cerebrale attraverso la risonanza magnetica funzionale.

L’attenzione degli scienziati si è concentrata sul flusso uditivo dorsale, una rete neurale coinvolta nell’elaborazione del linguaggio. I dati hanno mostrato che, durante l’ascolto e il riconoscimento delle sillabe, i musicisti anziani attivavano il cervello in modo molto simile ai giovani partecipanti. Al contrario, gli anziani non musicisti mostravano uno schema di connettività funzionale più disorganizzato e distante da quello dei soggetti più giovani.

I risultati dello studio

Una donna suona uno strumento musicale.

I risultati ottenuti supportano l’ipotesi della cosiddetta “Hold-Back Upregulation”: un meccanismo secondo cui l’esperienza musicale prolungata contribuisce a mantenere attivi modelli di connettività cerebrale tipici di un cervello giovane.

In altre parole, suonare regolarmente uno strumento musicale può favorire l’integrità delle reti neurali e, di conseguenza, migliorare le prestazioni cognitive anche in età avanzata. Un cervello abituato a decodificare suoni complessi, come quelli musicali, risulta più efficiente anche nella comprensione del linguaggio verbale, specialmente in contesti acusticamente difficili, come ambienti affollati o rumorosi.

Un altro aspetto interessante riguarda il grado di sforzo cerebrale richiesto dai diversi gruppi. I musicisti anziani, pur avendo la stessa età dei coetanei non musicisti, mostravano un’attività cerebrale meno intensa ma più mirata, simile a quella osservata nei soggetti più giovani. Questo suggerisce che l’allenamento musicale consente al cervello di “lavorare meglio”, senza sovraccaricarsi. La pratica musicale potrebbe quindi rappresentare una strategia di compensazione naturale, in grado non solo di ritardare il declino cognitivo, ma anche di ottimizzare le risposte cerebrali ai compiti quotidiani.

Limiti e prospettive future

Lo studio, pur offrendo spunti molto promettenti, non permette di stabilire un nesso causale diretto tra l’allenamento musicale e le performance cognitive. I ricercatori stessi sottolineano la necessità di ulteriori indagini per chiarire se e quanto la musica incida in modo autonomo sulla riserva cognitiva o se sia piuttosto il riflesso di uno stile di vita complessivamente più attivo e stimolante. Future ricerche potrebbero avere implicazioni importanti per lo sviluppo di programmi educativi e terapeutici destinati alle fasce più anziane della popolazione.

L’evidenza scientifica raccolta fino ad oggi sembra indicare che suonare uno strumento musicale non sia soltanto una forma d’arte, ma anche un mezzo efficace per sostenere la salute del cervello nel corso della vita. A ogni età, dedicarsi alla musica potrebbe aiutare a preservare le capacità cognitive, migliorare l’attenzione, stimolare la memoria e facilitare la comprensione del linguaggio.

Leggi anche: E se fosse la musica a salvarci dal cambiamento climatico?

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