Web 1.0, web 2.0 e web 3.0: tutte le differenze

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Il 30 ottobre 2017 abbiamo raggiunto per la prima volta una pietra miliare nella storia del World Wide Web: sono stati registrati un miliardo di siti web. Impossibile leggerle tutte, ci vorrebbero circa 30.000 anni di visione totale al giorno e al secondo.

Sarebbe impossibile ripercorrere l’intera storia di Internet in questo articolo, ma è sufficiente partire dal presupposto che il progresso è stato graduale e continuo, migliorando e aggiornando la tecnologia. Questo progresso è stato chiamato “seconda e terza ondata” o semplicemente “Web 2.0 e Web 3.0“.

Il Web 1.0 nei primi Anni ’90

All’inizio degli Anni ’90 si sono diffuse le prime pagine web e i browser sviluppati per consentire agli utenti connessi a Internet di visualizzarle. La navigazione, oltre alla digitazione dell’URL del sito prescelto, era resa possibile dai collegamenti ipertestuali, che ancora oggi consentono di collegare tra loro più pagine web e di accedere a contenuti multimediali.

Il Web 1.0 si basava quasi esclusivamente sul linguaggio HTML, in grado di istruire dettagliatamente il browser sul caricamento e sul rendering dei contenuti delle pagine web. Una tecnologia semplice, ma allo stesso tempo piuttosto limitata.

I contenuti delle pagine web erano infatti di natura statica e le funzionalità multimediali erano intrinsecamente limitate da connessioni Internet molto limitate in termini di larghezza di banda e velocità. Anche l’uso delle immagini era limitato a causa delle loro dimensioni relativamente grandi (rispetto a oggi) e della lentezza del trasferimento tra server e client.

L’era del Web 1.0 è stata definita dall’esplosione delle informazioni e della loro accessibilità. Questa esplosione è stata dovuta in gran parte agli sforzi dei primi sviluppatori web che hanno lavorato instancabilmente per costruire siti web accessibili a un’ampia gamma di utenti su diverse piattaforme.

L’avvento di Internet ha creato un livello di accesso senza precedenti sia per i consumatori che per i creatori di contenuti. La possibilità di connettersi con altre persone in tutto il mondo tramite e-mail, messaggi di testo o messaggistica istantanea ha permesso di condividere idee e collaborare a progetti senza essersi mai incontrati di persona. Inoltre, ha aumentato notevolmente la nostra capacità di conoscere nuovi argomenti e di condividere informazioni con altre persone interessate a temi simili.

Gli ultimi 30 anni sono stati segnati da cambiamenti significativi nella nostra vita e nella nostra percezione del mondo. Internet è diventato una parte fondamentale della nostra vita quotidiana e, grazie alla sua crescente penetrazione, è stato possibile estenderne ampiamente l’uso in tutti i settori della società e dell’economia. Questo è uno dei motivi per cui oggi non possiamo più immaginare una vita senza Internet.

Il web 2.0 negli Anni 2000

Se il Web 1.0 ha monopolizzato la scena negli Anni ’90, attraverso il canonico percorso delle tecnologie emergenti, gli anni 2000 hanno segnato la rinascita e la consacrazione del Web.

La data simbolo, da segnare sul calendario, è il 15 gennaio 2001, quando Jimmy Wales e Larry Sanger inaugurano la prima edizione di Wikipedia. Wikipedia ha portato sul Web il fenomeno dei contenuti generati dagli utenti, un’azione di conoscenza corale dal basso verso l’alto che genera valore attraverso l’intelligenza collettiva.

Se dovessimo sintetizzare la differenza cruciale con il web 1.0 è proprio questa. La maggior parte dei contenuti passano ad essere generati dagli utenti e non sono più unidirezionali.

A ciò ha fatto seguito una serie di innovazioni che hanno gradualmente dato vita a quello che chiamiamo Web 2.0: social network come Friendster (2002), MySpace (2003), Facebook (2004) e più recentemente Instagram (2010) e TikTok (2016); blog e microblog come LiveJournal o Blogger; piattaforme per la condivisione di media personali come Flickr; siti di video hosting come YouTube; applicazioni Internet che modificano la nostra esperienza della realtà come Second Life o World of Warcraft; e molti altri che vanno al di là di questo breve elenco che richiederebbe diverse pagine per elencarli tutti.

Il web 3.0: working in progress

Il Web 2.0 ha segnato un’evoluzione in qualche modo negativa, portando alla creazione di pochi colossi che vantano un potere praticamente assoluto sul controllo del traffico dati in Rete. Gli stessi vantano oggi un dominio economico senza precedenti nella storia della tecnologia, con numeri in grado di minare persino la forza economica di interi Stati sovrani.

Secondo alcuni dati pubblicati all’inizio del 2022 dal World Economic Forum, Google controlla attualmente l’87% delle ricerche sulla rete, mentre Meta può contare su oltre 3,6 miliardi di utenti unici, registrati su Facebook, Instagram e Whatsapp.

Più recentemente Amazon, e la cinese Alibaba stanno assumendo una quota sempre maggiore nel settore degli acquisti online.

Si tratta di situazione prossime al monopolio assoluto nel caso di Google e Meta, e di crescita esponenziale nell caso dei marketplace.

Il fatto derivante da questa situazione è che pochi grandi colossi controllano ormai la maggior parte dei dati in rete, una dinamica in costante crescita grazie alla rapida escalation del cloud computing, i cui principali fornitori corrispondono, ancora una volta, ad Amazon Web Services (AWS), Microsoft Azure e Google Cloud.

Ma cosa succede a questi dati? La centralizzazione dei dati è e sarà un problema enorme per la società, soprattutto perché i governi non sono ancora riusciti a frenare efficacemente il dominio delle big tech, soprattutto di fronte a comportamenti discutibili dal punto di vista etico, prima ancora che normativo. Il controllo che le big tech fanno dei dati acquisiti dai loro utenti spesso viola palesemente la loro privacy e, in una situazione critica, può persino mettere in pericolo la loro libertà.

Come spiegato nel blog Tech4Future.info, il Web 3.0 è stato creato anche per arginare queste situazioni e la blockchain, in teoria, sarebbe la tecnologia perfetta per criptare i dati del traffico in rete. Purtroppo, al momento è una tecnologia troppo costosa per pensare di estenderla alla quantità di dati personali che vengono scambiati ogni giorno sul Web.

Non è un caso che la tecnologia blockchain venga utilizzata con successo nel contesto delle criptovalute, che comportano un numero estremamente limitato di transazioni rispetto alla quantità totale di traffico di dati sulla rete.

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