Saman Abbas voleva allontanarsi dal nucleo familiare per partire verso la Francia assieme al suo fidanzato. Voleva scappare via dal matrimonio islamico combinato che era stato pensato per lei.
“Fa troppe cose, mette i pantaloni eh, fuori dalla vita musulmana” aveva detto di Saman Abbas il cugino, che al momento non risulta indagato. Stando alle parole del fratello 16enne di Saman, sarebbe stato proprio quel cugino a suggerire di fare a pezzi il cadavere della giovane e di buttarlo nel fiume.
Per questo gli investigatori hanno continuato ad indagare nel Po. Dove, nella zona di Boretto, è stato trovato un frammento osseo che potrebbe appartenere alla ragazza scomparsa: lo ha dichiarato la Procura di Reggio Emilia. Che adesso ha incaricato i Ris di Parma di analizzare quel frammento, ripescato direttamente dall’acqua lo scorso 3 novembre e che è presumibilmente di un cranio umano.
Saman Abbas: oltre al frammento analizzati anche gli abiti dello zio
L’obiettivo è estrarre dal frammento trovato vicino Boretto il profilo biologico del Dna, per capire se possa essere compatibile con quello di Saman Abbas. Oltre ad esso, la polizia scientifica analizzerà anche alcuni abiti di Danish Hasnain, lo zio della ragazza, ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio. L’uomo è stato arrestato lo scorso 22 settembre in Francia e si trova attualmente in carcere a Parigi in attesa di estradizione.
Gli indumenti sono stati sequestrati il 6 novembre scorso nell’azienda agricola in cui i componenti della famiglia Abbas erano impiegati come braccianti e custodi. In tutto gli indagati sono 5: oltre allo zio, sono accusati di concorso in omicidio premeditato, sequestro di persona e occultamento di cadavere il cugino Ikram Ijaz, in carcere in Italia, l’altro cugino Nomanhulaq e i genitori Shabbar e Nazia Shaheen, fuggiti in Pakistan da Milano il primo maggio scorso, dei quali non si hanno più notizie.
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