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In ricordo della giornalista Patrizia Nettis: “Aveva una vita programmata e orientata al futuro”

Patrizia Nettis, la donna trovata senza vita nel suo appartamento a Fasano alla fine di giugno, amava la sua professione. A gennaio era stata premiata dalla federazione regionale di pallavolo come miglior giornalista.

Patrizia Nettis, la 41enne originaria di Gioia del Colle, trovata senza vita lo scorso 29 giugno nella sua abitazione a Fasano, era una professionista che amava la vita. Ad affermarlo è il legale che ha avviato le indagini di tipo difensivo, Giuseppe Castellaneta, il quale per conto della famiglia e degli amici, tratteggia il ricordo della giornalista, delineando quella che era la sua personalità.

Se inizialmente gli inquirenti hanno chiuso il caso, dichiarando che si fosse trattato di suicidio, ora potremmo essere di fronte ad una svolta. Spiega l’avvocato, come riportato da Open:

Abbiamo depositato una nomina per il 190 bis del codice di procedura penale e ci è stato notificato dalla Procura un atto che è stato fatto nei confronti dell’indagato. (Di cui non si conosce l’identità)

Subito dopo abbiamo presentato istanza per l’esumazione e l’esame autoptico.

Chi era Patrizia Nettis: giornalista, addetta stampa e mamma

Patrizia Nettis

Patrizia Nettis, giornalista della Gazzetta del Sud, aveva un figlio di 10 anni. Era una donna soddisfatta della propria vita, appagata dal punto di vista professionale, che non aveva nessun tipo di problema economico. Ricopriva il ruolo di addetta stampa del Comune di Alberobello, e dallo scorso maggio ne era entrata a far parte in modo permanente. A gennaio era stata premiata dalla federazione regionale di pallavolo come miglior giornalista. Riferisce il legale che Patrizia Nettis aveva una “vita programmata e orientata nel futuro. Non era malata. Faceva sport (il nuoto) regolarmente”. A motivo di ciò la famiglia è sempre stata convinta che Patrizia non avesse alcun motivo per la vita, e che la sua morte sia legata a possibili cause esterne. Conclude l’avvocato:

La famiglia vuole avere certezze ed è fortemente fiduciosa che anche la procura voglia chiarire.

L’obiettivo è il raggiungimento di una verità, perché nessuno di noi, tra familiari, colleghi e amici, crede all’ipotesi del suicidio come magari punto apicale di uno stato depressivo o altro.

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