Quiet quitting, cos’è e perché dilaga tra i giovani

La filosofia del lavorare poco si sta diffondendo tra i giovani, intenzionati a ridurre lo stress, ad aumentare il tempo libero e a mettere al primo posto la vita.

Melissa Matiddi
Melissa Matiddi
Esperta in comunicazione e digital marketing, studia lo yoga e le discipline orientali. Ama creare, leggere e viaggiare. Silenziosa ma rumorosa, è sempre pronta a varcare nuovi orizzonti.
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Si chiama quiet quitting la nuova tendenza della Generazione Z. Nata su Tik Tok nel mese di luglio con l’hashtag #quietquitting, ha raggiunto in poco tempo oltre 8,2 milioni di visualizzazioni. 

Si tratta della resa popolare dei giovani che, stanchi di svolgere mansioni oltre l’orario lavorativo, hanno dato il via al fenomeno dell’abbandono silenzioso.

I ragazzi non sono più disposti ad assumersi responsabilità extra, a fare straordinari e a contribuire al miglioramento della qualità aziendale.

Come è nato il fenomeno del Quiet quitting

Lo sviluppo di questo trend di pensiero è nato lo scorso luglio sulla piattaforma social di TikTok, da Zaid Khan, un giovane ingegnere 24enne di New York che ha coniato questo neologismo.

Si continua a svolgere i propri compiti, ma non si aderisce più alla cultura della competizione verso se stessi e gli altri, secondo la quale il lavoro deve essere la nostra vita.

Il tuo valore come persona non è definito dal tuo lavoro.

Il nuovo sentiment, prodotto negli Stati Uniti, è stato realizzato per rispondere alla cosiddetta cultura dell’hustle che fa credere ai giovani che lavorare 7 giorni su 7, 24 ore su 24, sia bello e normale.

La fondatrice di Real You Leadership, Nadia De Ala, ha dichiarato: “È quasi una forma di resistenza diretta e di protesta verso l’hustle culture. E credo sia entusiasmante che sempre più persone lo facciano”.

Quiet quitting: che cos’è e cosa significa

Noto anche con il nome di Coasting, il Quiet quitting prende il posto della Great Resignation e si contrappone alla hustle culture, secondo cui i soggetti dovrebbero dedicare tutta la loro vita al lavoro.

La Gen Z ha compreso che sgobbare non porta più al successo. I modelli di sviluppo lavorativo hanno completamente rimodulato l’intero assetto mentale degli impiegati. Ci si distacca lentamente dalle proprie responsabilità per riprendersi la vita e il tempo perduto, mantenendo però lo stipendio.

La definizione di Quiet quitting, l’abbandono silenzioso, ha generato diverse difficoltà di interpretazione e significati fuorvianti. Un sondaggio svolto su YouGovAmerica ha dimostrato come il 56% degli intervistati non avesse mai sentito parlare di questa tendenza.

Il 37% era convinto si trattasse di una sorta di pigrizia da parte dei dipendenti, intenti a svolgere le mansioni minime, mentre il 19% credeva si riferisse al rifiuto di accettare compiti extra senza opportuno compenso.

Dalla ricerca è poi emerso che, un intervistato su quattro pensava che il trend del Quiet quitting fosse l’atto di dare le dimissioni senza comunicarle a qualcuno.

Leggi anche: Come il capitalismo ha rovinato i sogni dei giovani italiani

Perché i giovani hanno aderito in massa al Quiet quitting

La Generazione Z si sta facendo promotrice di questa nuova fenomenologia. I giovani hanno capito, soprattutto grazie alla pandemia, che fermarsi in ufficio oltre l’orario lavorativo oppure durante il weekend non porta praticamente a nulla.

Migliorare le sorti dell’azienda per la quale si lavora non è più importante e soprattutto non rappresenta più la priorità. La competizione con se stessi e con i colleghi è stata finalmente sostituita da uno stile di vita più sano e meno tossico.

La Vicepresidente per lo sviluppo dei talenti di LinkedIn, Jingfang Cai, ha commentato:

Questa giovane categoria di lavoratori esige che i datori di lavoro si occupino di loro come persone nel loro insieme. E la capacità di comprendere il loro percorso di carriera vale più di una busta paga.

Leggi anche: Perché i giovani non vogliono più lavorare?

Prima c’era la Great Resignation, ora c’è il Quiet quitting

La Great Resignation battezzata nel periodo post-Covid ha saputo portare i giovani ad una grande azione di licenziamento di massa, in cui il tempo libero e il valore verso se stessi erano diventati dogmi da rispettare.

Con il passare del Covid, questo concetto si è però modificato, trasformandosi in qualcos’altro. Stare seduti davanti ad un pc non rappresenta più un’utilità per i giovani, disposti a far spazio solo alle loro necessità.

Quindi, a prendere il posto delle dimissioni, è arrivato l’abbandono silenzioso che impone alla Gen Z di lavorare il minimo indispensabile senza però rinunciare allo stipendio fisso.

La società di analisi e consulenza americana, Gallup, ha realizzato uno studio, “State of the global workplace 2022 Report”, in cui è risultato che il 44% dei lavoratori è stressato e pensa che la sua occupazione non abbia un significato profondo, solo il 21% è realmente felice delle proprie mansioni.

Leggi anche: Great Resignation, è boom di licenziamenti tra i giovani. Quali sono le cause?

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