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Privare della libertà di espressione è un gesto totalitario, anche se parliamo di Trump

Twitter censura Trump ma le idee, anche le più aberranti, si combattono con le idee.

“Senza Twitter non sarei qui”: così Donald Trump il 20 gennaio del 2017 commentava il suo ingresso alla Casa Bianca come 45° presidente degli Stati Uniti d’America. Il suo account @realDonaldTrump aveva raggiunto la soglia stellare degli 88milioni di follower: l’account più seguito al mondo. Quando il magnate americano scopre il social è il 2009, il suo primo tweet annuncia la partecipazione al più seguito talk show della CBS, il David Letterman Show. Da allora è un crescendo, fino ai quasi 3 milioni di follower del 2015 ed è la base solidissima da cui cominciare un’ascesa che sarà trionfale.

Trump su Twitter, dall’ascesa trionfale alla chiusura definitiva del suo account

Fino al 6 gennaio, quando i suoi seguaci chiamati a raccolta dal Presidente con appelli continui su Twitter assaltano Capitol Hill. Il resto è noto, fino alla chiusura prima temporanea poi definitiva dell’account Twitter di Trump. Può una società privata gestita dal padrone dei social media, mettere a tacere il Presidente degli Stati Uniti d’America (ancora in carica fino al prossimo 20 gennaio) nel nome della sicurezza, per “il rischio di ulteriori istigazioni alla violenza”, come ha spiegato la piattaforma social?

O è un attacco alla libertà d’espressione, una “inaccettabile censura” come l’ha definita Aleksej Navalnyj, l’avvocato russo dissidente che guida l’opposizione a Vladimir Putin. Uno cioè che della libertà di espressione ne sa qualcosa, visto che nella Russia di oggi, come nell’Urss che mandava in Siberia Solgenitsin e confinava a Gor’kij lo scienziato dissidente Sacharov, chi dissente può finire avvelenavo dal polonio come lo stesso Navalnyj o assassinato come Anna Politkovskaja.

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L’incitamento di Trump è un atto eversivo ma negare la libertà di espressione lo è altrettanto

Chi scrive fa di mestiere il giornalista e considera la libertà di espressione il bene più prezioso delle democrazie. Anche quando chi la usa, come Trump, lo fa in maniera eversiva. Sì, l’incitamento di Trump ai suoi militanti è un atto eversivo, quell’assalto è un tentativo fallito di colpo di stato proprio perché non è un gesto improvviso e spontaneo di un gruppo di facinorosi esaltati, ma fomentato da due mesi di delegittimazione della vittoria dell’avversario Biden, di “vittoria rubata”, di bugie su inesistenti brogli elettorali (inesistenti perché tutti i ricorsi presentati da Trump sono stati rigettati come infondati. Compresi quelli presentati all’Alta Corte che lui aveva infarcito di esponenti repubblicani e che comunque gli hanno dato torto).

Oggi i padroni dei social censurano Trump, domani a chi toccherà?

La libertà di espressione è un bene intoccabile, nessuno può arrogarsi il diritto di decidere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato dire, nessuno può decidere se e cosa sia pericoloso. Oggi i padroni dei social (la vera nuova forma di espressione libera) censurano Trump, personaggio che prima esce di scena meglio sarà per il mondo intero. Domani potrebbe toccare al suo avversario, a un opinionista, un leader politico, una persona comune: privare della libertà di espressione chiunque è un gesto violento e totalitario.

La democrazia non può e non deve avere paura delle idee, nemmeno le più aberranti: il Mein Kampf di Hitler uscì a Monaco nel 1925 e ancora oggi viene pubblicato (tra l’altro liberamente, visto che nel 2015 sono decaduti  i diritti), sia pure con corposi apparati di note che ne spiegano il delirio che portò allo sterminio e a una guerra mondiale.

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Le idee si combattono con le idee, non con la censura

La libertà di espressione non è una concessione di un magnate illuminato e proprio perché le piattaforme social sono di un’azienda privata che di fatto gestisce un bene pubblico (non per filantropia, ma guadagnando miliardi di dollari), andrebbero loro sì regolamentate e sottoposte a vincoli. L’antitrust (negli Usa, che in Italia è ancora solo una bella intenzione) mette dei limiti, dei vincoli e delle sanzioni alla libertà d’impresa. Darli anche a chi gestisce un bene essenziale come la libertà di espressione non è un attentato al liberalismo economico, ma una tutela della democrazia. 

Giornalista e autore TV (Annozero, Il raggio verde, Omnibus, Unomattina, Cartabianca), ha scritto di politica, cronaca, mafia e terrorismo. A tempo perso di cantautori italiani. Conosce a memoria i testi di Pasquale Panella per Battisti. E se ne vanta.
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