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La premier neozelandese punta all’uguaglianza sociale: aumenta il salario minimo, alza le tasse per i ricchi

L'1 aprile la premier neozelandese Ardern ha introdotto l'ennesima misura in favore dell'eguaglianza: aumento del salario minimo e delle tasse per i ricchi.

Qual è il Governo dei sogni? Probabilmente molti risponderebbero quello della giovane premier neozelandese Jacinda Ardern, 41 anni e capo del partito Laburista della Nuova Zelanda.

Ardern si è resa protagonista dell’approvazione di alcune misure dall’utopico progressismo, o almeno così ci sembra in Italia: ha concesso il congedo retribuito per chi ha subito un aborto, aperto una discussione sulla settimana lavorativa di 4 giorni, ha ridotto gli stipendi di Governo e parlamentari, ha disposto che fossero distribuiti assorbenti gratis alle studetesse e ha nominato la prima donna maori come Ministro degli Esteri.

Senza contare il modo virtuoso col quale la Nuova Zelanda ha affrontato il Covid-19: dall’inizio della pandemia nel Paese sono stati registrati solo 2500 casi e meno di 30 morti per coronavirus. Come? Con rigide e intransigenti restrizioni.

E pochi giorni fa, la premier neozelandese ha riconquistato le cronache con l’approvazione di nuovi provvedimenti particolarmente significativi: l’aumento del salario minimo e dell’aliquota fiscale massima per i più ricchi del paese. A dimostrazione che, almeno in Nuova Zelanda, la lotta per l’eguaglianza è una cosa seria.

La premier neozelandese Ardern aumenta lo stipendio minimo e le tasse ai ricchi: i dettagli della misura

La premier neozelandese Ardern aumenta lo stipendio minimo e le tasse ai ricchi: i dettagli della misura

Il provvedimento, come riportato dal Guardian, è stato introdotto giovedì 1 aprile, assieme a piccoli aumenti delle indennità di disoccupazione e malattia. Le modifiche della norma vigente hanno portato all’aumento del salario minimo a 20 dollari l’ora (circa 12 euro) e a quello dell’aliquota fiscale massima per i più ricchi del paese al 39%.

L’aumento del salario minimo è stato di 1.14 dollari l’ora (0.97 euro) rispetto a quello disposto in precedenza e il Governo stima che esso interesserà fino a 175.000 lavoratori e aumenterà i salari in tutta l’economia di 216 milioni di dollari. In realtà, è da quando Ardern ha preso le redini del Governo che il salario minimo continua a salire: i dati dell’Ocse dimostrano che il precedente salario minimo della Nuova Zelanda, a partire dal 2019, era già tra i primi cinque più alti al mondo.

La nuova aliquota fiscale massima si applicherà invece a chiunque guadagni più di 180.000 $ all’anno (circa 107 mila euro), andando così a colpire i più ricchi del paese, circa il 2% dei neozelandesi. Tale misura, prevede il Governo, porterà quest’anno entrate aggiuntive pari a 550 milioni di dollari.

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Le nuove misure della premier neozelandese, Simpson: “Aumentare il salario minimo in questo momento è vandalismo economico”

Ma non tutti hanno apprezzato il coraggioso provvedimento della premier. Il Ministero degli Affari, dell’Innovazione e dell’Occupazione aveva consigliato al governo di ritardare l’aumento a causa dell’incertezza economica legata all’epidemia di coronavirus. E gli aveva fatto eco il partito nazionale di opposizione, con l’esponente di partito Scott Simpson, che si è così espresso sulle novità riguardanti il salario minimo:

Aumentare bruscamente il salario minimo in un periodo di estrema incertezza per le piccole imprese è vandalismo economico.

Ma mettendo da parte il vandalismo economico, la misura è stata a dir poco necessaria considerati gli enormi danni economici dovuti al Covid-19, e ha rappresentato pure il concretizzarsi di uno dei progetti più ambiziosi del partito laburista guidato da Ardern, fortemente improntato verso un welfare state progressista. Ma, nonostante le apparenze, non tutto è rose e fiori in Nuova Zelanda.

La premier neozelandese Ardern aumenta lo stipendio minimo e le tasse ai ricchi, ma la lotta per l’eguaglianza è ancora lunga

Per quanto l’approvazione di certe misure possa indurci a pensare alla Nuova Zelanda come ad un fatato mondo dei sogni, la strada per il raggiungimento dell’eguaglianza, come riconosciuto da Ardern stessa, è ancora lunga. Il Paese, infatti, deve da sempre fare i conti con dei tassi di povertà infantile molto alti e costi delle case praticamente alle stelle.

Ad Auckland, ad esempio, si arriva mediamente a costi degli immobili pari a undici volte lo stipendio annuale, senza contare che in Nuova Zelanda c’è una grave carenza di abitazioni familiari: sono 22.800 le famiglie ancora in attesa di una sistemazione.

C’è ancora molta strada da fare, ma Ardern è pienamente consapevole dei problemi che la Nuova Zelanda deve affrontare. Oltre al boom dei prezzi nel mercato immobiliare e la povertà infantile, a cui la premier ha dedicato molto spazio in campagna elettorale, bisogna affrontare problemi come l’occupazione e la crisi climatica. Ardern ha detto:

Bisogna creare un’economia che funzioni per tutti, creare posti di lavoro dignitosi, proteggere l’ambiente e affrontare le sfide del clima, per combattere la povertà e le diseguaglianze, per trasformare l’incertezza e i tempi duri in un motivo di speranza e ottimismo.

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Classe 1998, romana. Laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali, ama l’attualità e la letteratura, ma la sua passione più grande è la sociologia, soprattutto se applicata a tematiche attuali. Nel tempo libero divora film e serie tv.
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