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Merkel: “Tutti d’accordo sul passaporto sanitario entro l’estate”. Ma l’UE è in ritardo sui vaccini

Prudenza e necessità di ottenere dosi a costi contenuti al prezzo di ritardi nel piano vaccinale. Le cautela europea è stata davvero vantaggiosa?

Piano vaccinale in ritardo, ma sul passaporto sanitario digitale per i cittadini dell’Ue: “Tutti d’accordo. Pronti per l’estate”.

Al termine del vertice virtuale dell’Ue, la cancelliera tedesca Angela Merkel fa sapere che si è d’accordo sulla creazione certificati di vaccinazione digitali che consentono alle persone di viaggiare in Europa, nonostante la pandemia di Covid-19.

Documenti pronti in tre mesi, ma Mario Draghi insiste sulla necessità di accelerare sulla distribuzione e sull’inoculazione dei vaccini Covid.

Passaporto sanitario digitale pronto in tre mesi

Tutti hanno convenuto che abbiamo bisogno di un certificato di vaccinazione digitale.

Commenta la cancelliera tedesca al termine del vertice Ue, annunciando anche che, almeno per il momento, non è stato ancora deciso nulla in merito al divieto di viaggiare se non si è vaccinati.

E la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha aggiunto:

Abbiamo discusso dei certificati vaccinali ma ci sono ancora questioni politiche in sospeso e anche questioni scientifiche.

Per il nostro Premier Mario Draghi però c’è una priorità: accelerare il piano vaccinale.

Ue in ritardo sul piano vaccinale, Draghi: “Occorre andare più veloce”

Ue in ritardo sul piano vaccinale, Draghi: "Occorre andare più veloce".

Occorre andare più veloce“, incalza il Premier Draghi. Il piano vaccinale Ue è in profondo ritardo e con le aziende farmaceutiche che non adempiono alle obbligazioni previste dai contratti serve il pugno di ferro.

Con la possibilità di dare priorità alle prime dosi, sulla base delle recenti rivelazioni scientifiche, bisogna incentivare il più possibile le inoculazioni.

Favorevole allo strumento Covax per condividere il vaccino anti-Covid con i Paesi a basso reddito, Mario Draghi, visti ritardi e per una questione di credibilità nei confronti dei cittadini europei, però considera che non è il momento di fare donazioni in Ue.

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L’Europa è molto in ritardo con il piano vaccinale: i dati

La Commissione Europea, più cauta e orientata a contenere i costi rispetto ad altri paesi, Stati Uniti e Regno Unito al primo posto, paga oggi il prezzo di tanta prudenza.

Mentre negli Stati Uniti circa il 13,4 e nel Regno Unito circa il 26,7 per cento della popolazione ha già ricevuto la prima dose di vaccino contro il Coronavirus in Europa siamo molto indietro: Germania e Spagna sono al 4,2 per cento, Italia e Francia al 3,9 per cento.

Quali sono le cause del ritardo del piano vaccinale Ue?

Tra le principali cause del ritardo vi è, secondo gli analisti, la difficoltà e la necessità di accordare 27 paesi nella realizzazione di un unico piano vaccinale capace di tutelare anche gli Stati più piccoli e con minore potere contrattuale.

Allo scopo di far in modo che nessuno rimanesse senza vaccini e di poter accedere alle dosi a prezzi contenuti, l’Europa ha sacrificato la velocità di azione.

Mentre negli Stati Uniti, già da maggio dello scorso anno prendeva il via la “Operation Warp Speed”, letteralmente “Operazione a velocità di curvatura”, in riferimento ai viaggi a una velocità superiore a quella della luce della serie di fantascienza Star Trek, nell’Unione Europea le iniziative intorno ai vaccini procedevano già da principio a rilento.

Seppur con alto rischio di fallimento, negli Usa sono stati investiti fin da subito 10 miliardi di dollari non solo per finanziare la ricerca, ma anche per consentire la prenotazione di centinaia di milioni di dosi dei vaccini, che ancora non esistevano.

La burocrazia e alcuni regolamenti europei, invece, hanno impedito un intervento rapido e i governi nazionali dell’Europa hanno tentennato nello stabilire effettivamente quali fossero le case farmaceutiche su cui puntare e procedere con le prenotazioni in modo da assicurarsi di avere dosi a sufficienza.

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La lunga procedura europea a supporto della ricerca per i vaccini

Poco dopo l’approvazione da parte degli Stati membri del piano di acquisto centralizzato dei vaccini presentato dalla Commissione Europea, Francia e Germania avevano iniziato a valutare di agire per conto proprio, coinvolgendo anche Italia e Paesi Bassi, allo scopo di accelerare il processo.

Tuttavia, ben presto la Commissione presentò una soluzione per accelerare le procedure burocratiche e per negoziare con le aziende farmaceutiche e chiamò ogni Stato a partecipare alle contrattazioni sotto la Direzione generale per la salute e la sicurezza alimentare (DG SANTE), così da evitare trattative separate.

Ma l’organizzazione della struttura di prenotazione e acquisto fu lenta, soprattutto perchè il gruppo di lavoro sotto DG SANTE, sotto la guida di Sandra Gallina, scelse di agire con maggiori cautele rispetto agli Stati Uniti e con un piano molto più articolato: si decise di puntare su una gamma di vaccini piuttosto ampia, in maniera tale da non essere vincolati a un singolo produttore, avere prezzi bassi ed evitare vincoli di responsabilità alle aziende farmaceutiche nel caso in cui qualcosa fosse andato storto.

Rispetto agli Usa, in cui i produttori di vaccini e farmaci in caso di inconvenienti sono tutelati da una legge, la Commissione Europea non era disposta a offrire particolari garanzie, temendo, in caso di problemi sanitari, di incidere in maniera negativa sulla già rilevante quantità di cittadini europei scettici sulle vaccinazioni.

Così, Pfizer-BioNTech e Moderna iniziarono ad avere maggior potere contrattuale solo quando divenne evidente che stavano sviluppando soluzioni efficaci.

Piano vaccinale Ue: contratti più convenienti al prezzo di ritardi

Se da una parte sembra davvero che l’Europa sia riuscita a ottenere contratti più convenienti, pagando una dose del vaccino di AstraZeneca meno di 2 dollari contro i 4 dollari degli Stati Uniti o 15 per una dose di Pfizer-BioNTech rispetto ai 20 dollari degli Usa, dall’altra questo risparmio non sembra così vantaggioso.

L’Europa sta infatti pagando a caro prezzo l’impatto economico dei lockdown in vigore in numerosi Stati membri, dove le vaccinazioni sono in forte ritardo.

L’altra faccia della medaglia: il piano vaccinale europeo, un piano equo

Non tutte le cause del ritardo erano però prevedibili o evitabili, va detto: la riduzione nelle forniture europee di Pfizer-BioNTech a causa di alcuni lavori di potenziamento da svolgere nello stabilimento produttivo europeo o i rallentamenti nelle consegne di AstraZeneca per via di problemi produttivi, per fare degli esempi.

E bisogna comunque ammettere che se il vaccino di Pfizer-BioNTech o quello di Moderna si fossero rilevati inefficaci e problematici, ora gli Stati Uniti sarebbero alla deriva non avendo a disposizione altre soluzioni per contenere la pandemia, mentre l’Unione Europea avrebbe almeno il vaccino di AstraZeneca e un numero congruo di prenotazioni di dosi.

A queste, si aggiunge un’altra dovuta considerazione: mentre l‘Europa si prodiga per assicurare a tutti gli Stati e a tutti i cittadini le stesse possibilità, negli Usa gli stati più poveri scontano la loro inferiorità e minore capacità reddituale, accedendo ai vaccini in maniera molto più difficoltosa e problematica rispetto ai vicini più ricchi.

Negli Stati Uniti la distribuzione dei vaccini, seppur rapida ed efficiente, non sembra essere affatto equa, gli afroamericani e la comunità latina a pagare il prezzo di un sistema fortemente squilibrato.

Intraprendente e instancabile penna, poliglotta, appassionata lettrice e avida viaggiatrice. Sviscerata amante del cinema. E ultimo, ma non per importanza, eterna studiosa, perché non si finisce mai d’imparare.
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