La mammografia: la diagnosi precoce, la prevenzione, i rischi

Negli ultimi decenni la diagnosi precoce del tumore al seno ha assunto un ruolo fondamentale. Facciamo il punto sulla controversa mammografia: efficacia, rischi, timori, pro e contro, quando e come farla.

Domenico Di Sarno
Domenico Di Sarno
Informatico e politologo laureato con Lode. amante dei libri di ogni genere perché fortemente convinto che la cultura sia come il cibo, ne serve ogni giorno per nutrire la mente. Appassionato di storia e diritto costituzionale.
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È bene fare il punto sulla controversa mammografia. In Italia sono in aumento le prescrizioni di mammografie, sia per la fascia d’età 50-69 anni, sia per le donne più giovani. Lo scopo è la prevenzione e la diagnosi precoce del tumore della ghiandola mammaria, anche in caso di familiarità. Proprio in questi casi, o in casi di presenza di segni diagnostici rilevanti, come ad esempio un nodulo alla palpazione, l’esame è richiesto anche per donne che ancora non hanno raggiunto i 50 anni.

Ma cos’è la mammografia? Si tratta di una radiografia eseguita sulla ghiandola mammaria in compressione. L’AIRC sul proprio sito descrive il test specificando che fa uso di radiazioni, ma nonostante questo la mammografia non è considerata rischiosa per la paziente che vi si sottopone. Una prima ragione di ciò risiede nel fatto che gli eventuali benefici superano di gran lunga i potenziali rischi, anche grazie alle ultime tecniche di mammografia digitale, molto più precisa nella trasmissione dell’immagine.

La seconda, e forse più importante, è l’intensità di radiazioni. I raggi X proiettati sul seno della paziente non superano gli 0,7 millisivert. Come termine di paragone possiamo pensare che una semplice radiografia per verificare una eventuale frattura emette quasi 1 millisivert e una TAC tra 2 e 15 millisivert. Rischi contenutissimi in funzione di benefici rilevanti. Si potrebbe quindi affermare che la quantità di radiazioni che la paziente assorbe durante una mammografia è assolutamente trascurabile e non dannosa per la sua salute.

Mammografia, screening tumorale e limiti dell’esame

Occorre considerare il rovescio della medaglia. Vi sono pareri di studiosi e scettici convinti dell’inutilità e dannosità di questo esame. I dati su cui si basano queste voci sono forniti dall’Osservatorio Nazionale sullo screening che ha monitorato l’attività mammografica nel sistema sanitario italiano tra il 2017 e il 2018 documentando un incremento del 6,7% delle donne che hanno eseguito una mammografia su base biennale. Nell’anno 2019 vi è stato un ulteriore aumento del 6,9% su base annuale.

Queste percentuali riguardano soltanto le pazienti ultracinquantenni che, come raccomandato, si sottopongono all’esame con cadenza biennale. Accanto a questi dati occorre quindi aggiungere le pazienti più giovani. Una donna che ha meno di 50 anni dovrebbe sottoporsi all’esame solo in presenza di un determinato fattore di rischio, ad esempio la familiarità. Lo stesso osservatorio riporta anche altri dati che riguardano i tempi di diagnosi, di approfondimento diagnostico e di rimozione dell’eventuale neoplasia.

La mammografia come fonte di sovradiagnosi

L’aspetto più controverso è rappresentato dalle sovradiagnosi. Molto spesso, soprattutto in pazienti più giovani, la mammografia porta a sovradiagnosticare. Questo significa che si riscontrano falsi positivi o che vengono rimossi tumori che non sarebbero mai cresciuti. Il problema delle sovradiagnosi è tuttora oggetto di studio. Per ovviare a questo inconveniente si è pensato più volte di sostituire la mammografia con altri esami anche per evitare l’esposizione alla seppur modica dose di radiazioni per le pazienti al di sotto dei 40 anni.

A questo proposito è importante notare come esista uno studio pubblicato su Jama Oncology si proponga di non effettuare la mammografia su tutte le potenziali pazienti, ma di utilizzare uno screening basato sul rischio e su molti parametri di statistica medica.

Quello che lo studio lascia intendere sarebbe di ponderare opportunamente una prescrizione di una mammografia considerando il costo in rapporto all’efficacia e il rischio in rapporto al beneficio al fine di massimizzare i benefici e ridurre al minimo eventuali danni.

Leggi anche: Cancro al seno: l’Intelligenza Artificiale ti dirà se sei a rischio

Mammografia e rischi per la salute, il parere degli esperti

La fondazione Veronesi sul proprio sito riporta la possibilità di indagare su pazienti al di sotto dei 40 anni, che sono a rischio, con una ecografia mammaria a cadenza annuale. Solo a partire dai 40 anni è suggerita anche una mammografia sempre con la stessa periodicità. Il professor Paolo Veronesi mette in evidenza che tra i 30 e i 50 anni le pazienti sono in una fascia di età più delicata per il procedimento diagnostico dal momento che possono coesistere anche altre patologie di tipo benigno.

Sempre il professor Veronesi sfata il mito della pericolosità delle radiazioni:

Per quanto riguarda i possibili danni da radiazioni è doveroso ricordare che la moderna mammografia digitale utilizza dosi di radiazioni bassissime, assolutamente non pericolose.

La ghiandola mammaria inoltre è sensibile ai danni da radiazione solo nel momento dello sviluppo, quindi non nella donna adulta.

Tuttavia proprio a proposito della scarsa leggibilità della mammografia nelle pazienti più giovani si raccomanda di associare gli esami negativi anche ad una ecografia.

Sono stati sollevati dubbi anche riguardo la compressione della ghiandola mammaria e la conseguente infiammazione. Anche in questo caso esistono numerosi esponenti di istituti e fondazioni che parlano di una possibile infiammazione che potrebbe arrecare danni alla salute, ma lo stato flogistico, se presente, non è imputabile all’esame diagnostico.

mammografia

Leggi anche: Tumore al seno metastatico, ora è possibile stabilizzare la malattia

Mammografia, utilità e complementarietà nella diagnosi precoce

Il principale inconveniente resta dunque quello delle sovradiagnosi. Il dottor Filippo Montemurro dell’Istituto oncologico di Candiolo, a Torino, in una su intervista a Panorama del 2019 spiegava da un lato la validità degli esami, ma anche l’importanza di nuove terapie mettendo in evidenza il legame tra diagnosi precoce e terapia poco invasiva e il calo della mortalità:

Alcuni specialisti, come i radiologi, dicono è merito dei programmi di screening, altri osservano che questo calo si osserva anche in zone non coperte dagli screening, e che quindi è merito dei progressi terapeutici: oltre alla chirurgia, cure ormonali e farmaci biologici.

Io credo che sia l’effetto combinato di più fattori. E, da medico, dico anche che un tumore scoperto precocemente mi permette spesso di utilizzare terapie meno aggressive.

Ma il dottor Montemurro, nel corso della stessa intervista, spiegava che nelle donne in pre-menopausa, quindi in età più giovane, la densità della ghiandola mammaria permette di usare la mammografia, per scoprire tumori, solo nel 70% dei casi.

Vi sarebbe la possibilità di avere il 30% di sovradiagnosi, falsi positivi, falsi negativi o tumori cosiddetti carcinomi in situ che non necessitano di essere asportati o curati ma solo periodicamente monitorati.

Anche il professor Enrico Cassano, direttore di radiologia dell’istituto europeo oncologico di Milano osservava che la mammogafia riduce il rischio di mortalità tra i 50 e i 70 anni, ma non è ugualmente valida, dal punto di vista clinico, nelle fasce d’età più basse:

Il problema della mammografia è che studia bene la mammella che ha una struttura composta da tessuto adiposo, tipico dopo la menopausa, e meno bene laddove c’è più tessuto fibroghiandolare, come nelle donne più giovani.

Nella fascia d’età fra 50 e 70 anni lo screening mammografico riduce il rischio di mortalità del 30 per cento, ciò che non avviene fra le donne più giovani

Ma cosa fare quindi per prevenire il cancro al seno e per eventuali diagnosi precoci anche nelle pazienti più giovani?

Il professor Cassano raccomanda screening mirati, caso per caso. Ad esempio nelle pazienti giovani con familiarità è opportuna la verifica dei geni BRCA1 e BRCA2 che non sono marcatori tumorali, ma rivelano la predisposizione ad ammalarsi. Infine è importante lo stile di vita: evitare il fumo e l’alcol, praticare attività fisica regolare, condurre una sana alimentazione ed evitare condizioni di obesità.

Leggi anche: Tumore al seno, niente più chemio grazie al nuovo farmaco

Mammografia, le radiazioni fanno davvero male?

Partiamo dal classificare i danni delle radiazioni che si dividono in stocastici e deterministici. I danni stocastici sono senza soglia perché non dipendono dalla soglia di radiazioni, e come dice la parola stessa, sono probabilistici in quanto la frequenza con cui si manifestano i danni è funzione della soglia di radiazioni. I danni deterministici dipendono dalla soglia espressa in millisivert quindi è possibile associare un livello di soglia ad un determinato danno.

Inoltre le radiazioni ionizzanti si dividono in molli e dure, la mammografia fa uso di radiazioni molli, la radioterapia di radiazioni dure. Premesso ciò, osserviamo in dettaglio le radiazioni usate in una mammografia. La quantità di radiazioni trasmessa è bassissima, si tratta di 0,7 millisivert. La pericolosità immediata per il paziente inizia a circa 100 millisivert.

È bene non ripetere troppo spesso, in assenza di necessità, l’esame anche se le radiazioni accumulate con un esame a frequenza biennale sono assolutamente innocue. Anche il tessuto molle esposto alle radiazioni, cioè il seno della paziente, non conserva la radioattività. In altre parole la paziente non è radioattiva e non porta radiazioni alle persone che le stanno vicino. L’esposizione a una fonte di radiazioni così ridotta può essere pericolosa solo per i bambini in età pediatrica, nei quali, comunque, l’incidenza di problemi è molto bassa in caso di esami isolati.

Leggi anche: Cancro al seno, scoperto il meccanismo che causa metastasi

Come prevenire i tumori del seno nelle under 40

Come raccomanda il professor Paolo Veronesi, nelle pazienti giovani è da preferire un’ecografia e solo in caso di problemi si dovrebbe completare il quadro con una mammografia. Secondo il professor Cassano, è opportuno verificare i geni BRCA1 e BRCA2 e questo non perché la mammografia possa essere lesiva per le pazienti giovani, ma per evitare sovradiagnosi che oltre a generare ansia nella paziente impiegano tempi e risorse sanitarie che potrebbero altrimenti essere destinate alle diagnosi più urgenti.

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