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Letta propone una tassa di successione ai ricchi per aiutare i giovani, ma a nessuno importa

Letta ha proposto una tassa di successione sulle eredità superiori a 5 milioni di euro per finanziare una dote ai 18enni, ma è arrivato il netto no di Draghi: a nessuno sembra importare della proposta del segretario dem.

Enrico Letta ci ha provato. La proposta di una tassa sull’eredità ha rappresentato per il Pd e per il nuovo segretario dem il primo vero tentativo di fare “qualcosa di sinistra”, senza arrendersi al primo “no”. E, infatti, nonostante il Presidente Draghi avesse categoricamente bocciato la sua proposta, Enrico Letta l’ha richiamato, spiegandogli nuovamente i motivi per cui sarebbe vantaggioso introdurre una tassa di successione sui patrimoni milionari per finanziare una dote ai 18enni. Draghi, da parte sua, non ha fatto altro che riconfermare ciò che aveva già spiegato, ovvero la necessità di una riforma fiscale organica, non di singoli provvedimenti dislocati.

In ogni caso, la tassa di successione in questione dà nuovamente prova della volontà del segratario dem di “svecchiare” il Pd, in calo nei sondaggi: il tentativo, ora, è quello di risalire in cima alle preferenze attraverso i ragazzi. Come? Prima col progressismo dei diritti civili, poi aprendo al voto ai 16enni, adesso con la concessione ai 18enni di una “dote”. Questa è la strategia di Letta: rinnovare l’immagine del Pd e del suo elettorato attraverso i giovani, provando a liberarsi della pesante etichetta di “partito dei pensionati”.

L’idea che Letta ha presentato a Draghi è quella di una tassa di successione progressiva che innalzi l’aliquota massima per chi riceve in eredità più di un milione di euro. In particolare, Letta vorrebbe alzare l’aliquota di sucessione sui patrimoni sopra i 5 milioni dal 4% al 20%: la misura andrebbe a colpire l’1% degli italiani e permetterebbe di recuperare 2,8 miliardi di euro. E qui entrano in gioco i giovani: stando alla proposta dei dem, quei soldi verrebbero poi utilizzati per finanziare una dote di 10mila euro da dare ai 18enni dei ceti medio-bassi, per permettere loro di pagarsi studi, università o di crearsi un futuro.

Tassa di successione di Letta: i dubbi del Pd e il silenzio pentastellato

Che l’idea di Letta potesse non piacere a Draghi e al centro-destra c’era da aspettarselo. Ed era prevedibile anche che a non essere convinti della proposta fossero alcuni esponenti del Pd, specie quelli appartenenti alla corrente che fa riferimento a Base riformista. Andrea Romano, dem portavoce di quell’area, ha detto: “Bisogna stare attenti a non dare l’idea di piantare bandierine a vuoto. Il giusto merito della proposta rischia di essere schiacciato nell’angolo sinistra uguale tasse, particolarmente minoritario in questa fase storica. La destra non aspetta altro. Ed è una destra pericolosa”. Senza contare che il governatore campano De Luca (Pd), interrogato sulla tassa voluta da Letta, ha parlato di un provvedimento “inaccettabile, un atto di autolesionismo politico, con entrate irrilevanti dal punto di vista economico”.

E il M5S, con tutta probabilità alleato del Pd nella coalizione di centro-sinistra in occasione delle elezioni politiche di fine legislatura, sembra essere sparito: nessun commento di Conte, Di Maio o della viceministra all’Economia Castelli. Dopo la rottura in occasione della scelta dei candidati per le amministrative di Roma, che ha riportato in corsa Virginia Raggi, la collaborazione tra i due partiti vacilla anche sulla tassa di successione voluta da Letta. L’unica pentastellata che si è espressa è stata Lucia Azzolina, che ha parlato della necessità di “aprire una riflessione e decidere le modalità”, ribadendo che “la finalità della proposta è sacrosanta: aiutare i giovani e farlo subito”. Il dubbio, però, è che abbia parlato più da ex-ministro dell’istruzione che da pentastellata.

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Tassa di successione, Letta: “L’Italia non è un Paese per giovani”

Tassa di successione, Letta: "L'Italia non è un Paese per giovani"

L’Italia fa ancora fatica a tassare i patrimoni dei più ricchi. Basti pensare che la nostra aliquota sulle eredità superiori a 5 milioni è tra le più basse d’Europa: nel nostro Paese lo Stato incassa 800 milioni annui sulle tasse di successione, mentre il governo tedesco circa 7 miliardi, la Francia 14. Il netto “no” di Draghi e della destra alla proposta di Letta rappresenta un’ulteriore dimostrazione di questa tendenza tutta italiana. Quantomeno, il segretario dem può dirsi soddisfatto di aver smascherato i partiti conservatori. Sempre attenti a mostrarsi vicini al popolo, in questa occasione le forze di centro-destra (seguite da Italia Viva) hanno dimostrato agli elettori tutta la loro “intermittenza”.

Senza la tassa di successione si ha di fatto un’aristocrazia di ricchezza, che significa tramandare di generazione in generazione il potere di gestire le risorse di una nazione secondo i criteri ereditari, non di merito”: parola di Warren Buffet, investitore ed economista statunitense, tra gli uomini più ricchi del mondo. La tassa di successione contribuirebbe a rendere meno squilibrate le condizioni di partenza tra figlio povero e figlio ricco, scoraggiando scenari di disuguaglianza in cui persone senza merito vivono di rendita senza fare nulla. Il segretario del Pd Enrico Letta è tornato a parlare della sua proposta con un tweet e ha detto:

Ho fatto una proposta sui giovani. E poi, con serietà, ho spiegato come finanziarla. Ma vedo che si continua a parlare solo di successioni. Ne traggo la triste ennesima conclusione che non siamo un paese per giovani. E non mollo.

Letta chiude poi alla possibilità di finanziare la dote ai 18enni coi fondi del Recovery Plan: “ora finanziamo soprattutto a debito e quel debito, domani, lo pagheranno gli stessi giovani di oggi. Assurdo, meglio la tassa di successione sui patrimoni alti, di ora”, ha spiegato il segretario dem su Twitter, annunciando pure che sarà ospite domenica 23 maggio a “Che tempo che fa” per spiegare tutti i dettagli della proposta.

Perché non si vuole la tassa di successione di Letta?

Colpire i ricchi a suon di tasse disincentiverebbe i loro investimenti in Italia, innescando una sequenza di eventi che vedrebbero il nostro Paese perdere comunque qualcosa. Questo è il parere di molti economisti contrari alla proposta di Letta, una considerazione realistica in termini economici, in quanto essenzialmente capitalistica. Entrando nel merito della questione, sarebbe forse necessario educare i ricchi non solo a perseguire il profitto ad ogni costo, ma anche a scendere a compromessi col resto del mondo, riconoscendo la necessità di dover contribuire in qualche modo, se lo si può fare. E sicuramente l’1% di italiani che verrebbe colpito dall’aliquota di Letta un contributo potrebbe darlo. Semplicemente per il fatto che è giusto così. Ma tutto ciò appare piuttosto utopico, se non impossibile.

Specie se si pensa che Salvini ha liquidato la proposta di Letta parlando di un provvedimento che “mette le mani in tasca agli italiani” e “aiuta i giovani e massacra i nonni”, o che la deputata di FI Valentina Aprea abbia bocciato la proposta che legherebbe “uno strumento odioso e punitivo come quello della tassazione al destino delle nuove generazioni”. La soluzione, per il leader del Carroccio, è quella di una “web tax”: tassare colossi miliardari come Amazon, ad esempio. Nel frattempo, si rimane in attesa della riforma fiscale organica voluta da Draghi. Anche se le immediate inamovibili reazioni di chiusura alla proposta di Letta non possono non far riflettere.

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Classe 1998, romana. Laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali, ama l’attualità e la letteratura, ma la sua passione più grande è la sociologia, soprattutto se applicata a tematiche attuali. Nel tempo libero divora film e serie tv.
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