Le migliori strategie per aumentare la produttività

Silvia Buffo
Silvia Buffo
Silvia Buffo, 1985, giornalista. Ha fondato e dirige Il Digitale. Formazione classica e filologica, un dottorato di ricerca in Letteratura italiana, sui legami tra scrittura e nuovi media. “La bellezza è promessa di felicità” è il suo motto, che ha delicatamente rubato a Stendhal.
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Lasciate fare alle nuove generazioni, a quei millennials innovatori che hanno saputo rivoluzionare la concezione del lavoro, dei suoi tempi e delle sue modalità. Risultati? Obiettivi raggiungi in men che non si dica. In particolare i traguardi in questa visione tutta nuova di intendere il lavoro sono stati ottenuti negli ambiti dello smart working e del nomadismo digitale, due fenomeni in netta crescita che hanno un comune denominatore: il dogma della libertà e dell’auto-gestione. Ma come intendere queste nuove modalità lavorative? Come un premio o qualcosa di ormai sdoganato a vantaggio delle risorse umane di startup e aziende? Nulla è ovvio in un contesto sociale e lavorativo dove ancora ce n’è di strada da percorrere per superare la sindrome da cartellino timbrato. I simboli dell’immaginario collettivo, che identificano un lavoro vero e proprio, le associazioni inconsce come ‘cartellino-posto fisso’ non sono facili da scardinare, sia da parte del datore di lavoro sia da parte del lavoratore. Ma se ancora abbiamo pregiudizi e tentennamenti, ecco cosa dicono i numeri: chi lavora in modalità smart working è più produttivo. A confermarlo è uno studio dell’Università Bocconi condotto in Acea e finanziato dalla Commissione europea e dal Dipartimento pari opportunità della presidenza del Consiglio che dopo aver messo in comparazione due gruppi di lavoratori: uno tradizionale e uno in smartwork, ha registrato per il secondo il 3-4% di produttività in più. E non solo, l’indagine ha evidenziato minori assenze dal lavoro a differenza del gruppo di lavoratori tradizionali.

Bando allo scetticismo: lo smart working aumenta la produttività della aziende

I gruppi su cui è stata svolta l’indagine per 9 mesi sono costituiti dal 50 dipendenti ciascuno. Mentre i primi 150 lavoratori sono andati in azienda seguendo l’ordinaria routine del solito orario, gli altri 150 hanno svolto per per un giorno alla settimana le proprie mansioni in maniera libera e autonoma. Il risultato è quello di una produttività maggiore del 3-4% e con meno assenze per i lavoratori in modalità smart working. Oltre lo studio durato soli 9 mesi, c’è la possibilità che i risultati si possano ulteriormente potenziare, come ha sottolineato la responsabile dell’indagine Paola Profeta: «I miglioramenti sul fronte della produttività sono risultati significativi. Il nostro monitoraggio si è interrotto dopo soli nove mesi ma non escludiamo che nel tempo la produttività possa aumentare ancora, complice la maggiore motivazione dei dipendenti».

Smart working e diritto alla maternità

Chi dovrebbe beneficiare maggiormente è il gentil sesso, le donne abituate per loro natura al multitasking, come si è di recente evinto da uno studio realizzato dalla Higher School of Economics di Mosca e condotto dalla professoressa Svetlana Kuptsovaof, del Laboratorio di Neurolinguistica. I fondamenti scientifici sulla propensione al multitasking per le donne aumentano la convinzione che si possa tranquillamente lavorare ed essere madri. Uno dei problemi di questi ultimi anni delle cosiddette ‘culle bianche’ non è solo dovuto, infatti, alla disoccupazione e quindi all’impossibilità di poter sostenere la nascita di un figlio bensì le modalità di lavoro per cui ‘la pancia’ era diventata nell’aziende elemento di discriminazione e un tabù. Ricordiamo ancora la notizia che riempì le pagine di tutti i giornali dell’imprenditore eroe che assunse una donna incinta, Martina Camuffo, che avrebbe firmato al nono mese un contratto per la “Creative Way” di Mestre, accusata poi di aver montato solo un’operazione di marketing. Certamente la notizia garantiva dei titoloni, attuando una scaltra operazione di branding. Questo è l’emblema triste del rapporto lavoro- maternità e siamo certi che sarà proprio lo smart working a cambiare le regole del gioco e a dimostrare che le donne possono essere ottime madri e ottime manager o lavoratrici nello stesso tempo. E quante soddisfazioni se i profitti aziendali salissero proprio fra un biberon e l’altro. Finalmente sfateremmo tanti falsi miti. Altri dati vengono anche dalle battaglie del Nomadismo Digitale nell’ottica della produttività. Che siano dei tenerissimi nerd in pantofole o i radical chic dei ‘coworking paradise’ sono pur sempre dei nomadi digitali, liberi di lavorare da qualunque posto si voglia attraverso una semplice connessione Internet. Ed è così che i ritmi lavorativi si conformano alle necessità della vita quotidiana che non è di minore importanza. Si constata sempre più di come siano proprio la qualità della vita e la libertà ad incidere sulla produttività lavorativa. Più motivazione per i ‘nomadi digitali’, più ‘ispirazione’, più ‘creatività’, più contatti, più dinamismo. E vogliamo mettere in paragone una realtà statica con una dinamica? Il confronto non c’è. Migliorando la qualità della vita del lavoratore migliora anche la resa. Svincolandosi da una sede fissa, dagli orari prestabiliti e andando incontro alle proprie esigenze, alternando lavoro a vacanze e tempo libero non può che migliorare anche la prestazione.

Lo smart working e il nomadismo digitale non sono una concessione dell’azienda ma un diritto del lavoratore

Si deve ricordare che il lavoratore ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato nei confronti dei lavoratori che svolgono le identiche mansioni solo ed esclusivamente all’interno dell’azienda. Diritti non favori: è così che dovrebbero essere intesi, smart working e nomadismo digitale. Sopratutto nelle metropoli italiane con gravissimi problemi di traffico, di cui Roma ne è l’emblema. Meglio obbligare il lavoratore a 3 ore di traffico o esasperazione per l’attesa dei mezzi pubblici, nel tragitto complessivo ‘casa- ufficio/ ufficio- casa’ o concedergli la tregua di un caffè, di un pranzo in famiglia, un computer a bordo piscina e più tempo e produttività oltre che più motivazione per le mansioni da svolgere? Che la libertà e il buon senso siano sempre alla base dell’innovazione di ogni modalità lavorativa. C’è solo da guadagnarci. Silvia Buffo

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