Home Cultura Jacopo Mastrangelo, quel ragazzo che incantò Piazza Navona durante il lockdown

Jacopo Mastrangelo, quel ragazzo che incantò Piazza Navona durante il lockdown

"La prima volta che ho suonato sul terrazzo in Piazza Navona mi sentivo abbastanza spaventato": l'intervista al giovane musicista Jacopo Mastrangelo.

La prima volta che vidi Jacopo Mastrangelo, fu una sera di marzo, era molto tardi, durante il primo lockdown, su Fb qualcuno aveva condiviso il suo video, ricordo che in quei giorni non si faceva altro che star dietro a quella corsa incalzante delle drammatiche notizie sul Covid. Non si sapeva nulla di questo virus, tutto era completamente nuovo, surreale e una sensazione apocalittica era nell’aria. Vedere il video di Jacopo fu davvero un’immagine confortante prima di andare a dormire, per me ebbe un grande significato che ricorderò per sempre.

Jacopo Mastrangelo e quella prima volta su Piazza Navona

Un ragazzo dall’alto di un terrazzo suona una chitarra da solo su una Piazza Navona deserta, con l’Italia immersa nella desolazione dell’incertezza e dell’assenza del domani, sulle note di C’era una volta in America. Sembra un film, Roma da quel terrazzo nel deserto che la circondava appare più eterna del solito, è stendhalianamente immensa, e Jacopo è un talento piovuto dal cielo. Credo che sia stato il più profondo omaggio a Roma e all’Italia ferite, in quel momento non si vedeva la fine di quell’incubo ma la bravura geniale di quel ragazzo, così giovane, nel suonare la chitarra dava molta fiducia nel futuro.

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Per un momento il futuro sembrava più forte del Covid

Per un momento il futuro sembrava più forte del Covid. La sensazione era che per quanto fosse incerto il momento e per quanto ci si potesse sentire così impotenti davanti a Roma e all’Italia svuotate, della gente per strada, della quotidianità di sempre, dei rumori, della vita stessa, quel momento sarebbe passato. Jacopo ha conquistato poeticamente l’Italia, perché con le sue esibizioni, di fatto, le è stato vicino. Ha sollevato gli animi delle persone, non solo quelle sui balconi della piazza ma in un’eco che ha raggiunto il cuore di molti. Un’intervista per conoscerlo.

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L’intervista a Jacopo Mastrangelo

Cosa hai provato la prima volta che hai suonato sul terrazzo in una Piazza Navona deserta?

La prima volta che ho suonato dal terrazzo mi sentivo abbastanza spaventato, sia per tutta la situazione che riguarda il Covid, sia per il fatto che io non ero abituato a suonare in un palco, anche se davanti a me, effettivamente non c’era nessuno e non so se questa cosa spaventasse ancora di più: trovarsi davanti al niente, in un posto così grande e così maestoso.

Cosa ti aspetti dal nuovo anno?

Mi aspetto che nel 2021 almeno io possa suonare su una Piazza totalmente piena, il che significa che ci siano meno rischi, che si possa tornare a non indossare la mascherina e che la situazione ritorni normale, anche se abbiamo vissuto un anno che resterà nella storia e che ci sarà sempre un pizzico di Covid da qui fino a non so quanto tempo. Spero vivamente che torni tutto nella situazione più normale.

Le generazioni attuali sembrano svuotate, disorientate e senza passioni, cosa senti di dire in merito?

Riguardo alle persone che mi circondano, la mia generazione, i miei coetanei, vedo molta alienazione, molta assenza del bisogno della cultura, molta assenza di passioni e non penso che la situazione della pandemia abbia potuto influire molto. Certo il lockdown aiuta tantissimo perché nel momento in cui una persona è rinchiusa in casa trova tempo, per fare quelle cose che magari prima non poteva fare, di conseguenza anche con vari passatempi si trovano altre passioni, ma ovviamente questo dipende da persona a persona.

Io non penso di poter dire qualcosa a coloro che non hanno passioni perché non si può influenzare una persona, non si può costringere ad avere un interesse o una passione, le passioni nascono da dentro, ogni persona ne trova una sua in un modo particolare. Non si possono influenzare le persone da questo punto di vista, ognuno magari la scopre durante la vita o in un gesto particolare.

Jacopo, come ti sei avvicinato alla musica? E nel futuro oltre la musica c’è altro?

Mi sono appassionato alla musica sin da piccolo, perché mio padre è musicista, prima lo era proprio di professione. Ho cominciato ad ascoltare i suoi brani, tuttora ascolto quello che ascolta lui, abbiamo gli stessi gusti musicali, suonava la chitarra, io cercavo di vedere cosa faceva, mi ha fatto appassionare molto a questo strumento, non ho mai preso lezioni, quindi sono autodidatta e qualche cosa ovviamente me l’ha insegnata lui. Siamo gli unici due musicisti della famiglia, anche lui ha cominciato da autodidatta.

Nel mio futuro non vedo solamente la musica, mio padre è anche un dottore commercialista, io pensavo pure in questo senso di seguire le sue orme, oltre a continuare a suonare. Mi sono iscritto alla facoltà di Economia alla Sapienza ma comunque sto continuando a suonare, magari farò entrambe le cose nel mio futuro, o magari rimarrà solo una delle due vie.

Ti senti fortunato di quanto sin ora, così giovane, hai già realizzato?

Più che sentirmi fortunato per quello che ho realizzato, mi sento fortunato perché posso suonare uno strumento. Ho la fortuna di suonare uno strumento, che oltre a essere un passatempo è un modo per evadere che mi fa stare molto bene, e ovviamente non mi aspettavo tutto questo: pensavo di suonare solo per il quartiere, all’inizio pensavo anche di dare fastidio, avevo paura che un volume così alto potesse disturbare, però menomale che ha avuto un discreto successo ed è venuta una cosa molto bella.

Come stai vivendo questo tuo successo?

Lo vivo in maniera particolare perché mi ha cambiato totalmente la vita, sia dal punto di vista delle responsabilità, perché ho dovuto cominciare a suonare anche in modo diverso e molto del mio tempo era destinato a essere utilizzato per suonare. Comunque sono molto felice di quello che è successo, perché mi rendo conto di aver aiutato molte persone e di aver reso felici molte persone. E questa cosa mi rende veramente molto felice.

Silvia Buffo, 1985, giornalista. Ha fondato e dirige Il Digitale. Formazione classica e filologica, un dottorato di ricerca in Letteratura italiana, sui legami tra scrittura e nuovi media. “La bellezza è promessa di felicità” è il suo motto, che ha delicatamente rubato a Stendhal.
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