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Da Oxford su Covid: “Il sole uccide il virus in pochi minuti”

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La simulazione della luce solare ha portato a credere che il virus venga inattivato in pochi minuti. Non solo Oxford, anche in Italia si conferma che il caldo uccida il virus.

La luce del sole uccide il SARS Cov-2, ovvero il nostro temuto coronavirus. Lo afferma una ricerca dell‘Università di Oxford, la ‘Simulated Sunlight Rapidly Inactivates SARS-CoV-2 on Surfaces‘, pubblicata lo scorso 20 maggio sul Journal of Infectious Diseases.

Lo studio inglese

Secondo quanto riportato nel testo della ricerca inglese, “precedenti studi hanno dimostrato che SARS-CoV-2 è stabile su superfici per periodi prolungati in condizioni interne”. Lo studio attuale rivela che, “la luce solare simulata ha inattivato rapidamente la SARS-CoV-2 sospesa in saliva simulata o terreni di coltura ed essiccata su coupon in acciaio inossidabile”. “Il 90% del virus infettivo è stato inattivato ogni 6,8 minuti nella saliva simulata e ogni 14,3 minuti nei terreni di coltura, esposto alla luce solare simulata del solstizio d’estate ad una temperatura di 40° N latitudine al livello del mare, durante una giornata limpida dei bel tempo”. Leggi anche: Coronavirus, lo studio americano: “Il clima non sta rallentando il virus”

Il caldo inattiva il virus

Questo studio simulato, supporta la tesi di molti scienziati che sostengono che con l’estate il virus rallenti o muoia. La ricerca di Oxford è la “prova che la luce solare può inattivare rapidamente SARS-CoV-2 sulle superfici.” Ovviamente, il rischio di esposizione può variare significativamente tra ambienti interni ed esterni. Inoltre, i dati della Sunlight indicano che “la luce solare naturale può essere efficace come disinfettante per materiali non porosi contaminati.” Leggi anche: Ambiente: quanto inquina la fase 2 con le nuove modalità di consumo?

Il coronavirus teme il caldo

Notizie che si allineano agli studi inglesi, arrivano anche dall’Italia. Un team multidisciplinare di ricercatori italiani delle Università Bicocca di Milano, Roma Tre e Chieti-Pescara, ha sperimentato il rapporto tra coronavirus e condizioni climatiche: il virus sembra temere un clima molto asciutto e forte soleggiamento. Massimiliano Fazzini, climatologo dell’Università di Camerino e coordinatore del gruppo di esperti sul Rischio Climatico della Società Italiana di Geologia Ambientale (Sigea) spiega che:

Abbiamo messo a confronto il numero di tamponi positivi, di casi di contagio, con le condizioni climatiche e meteorologiche di quel periodo. Quando il clima è caratterizzato da un’umidità relativa bassa e c’è forte soleggiamento, il virus sembrerebbe diffondersi meno, anche se non di molto ma bisogna tenere presente che abbiamo preso in esame il periodo che va fino al 30 aprile, quando le temperature hanno raggiunto un massimo di 25,5 gradi.

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