L’ombra lunga della P2, che cosa sappiamo dopo 40 anni

Il 17 marzo 1981 un'operazione condotta dal colonnello Vincenzo Bianchi della Guardia di Finanza nell'ambito di un'indagine su Michele Sindona, scopre una lista di quasi mille nomi appartenenti alla loggia massonica "P2".

Tommaso Panza
Tommaso Panza
Salentino, classe 1993. Una laurea in mediazione linguistica. Fondazione Basso(Roma). Amante della lettura e del cinema, in particolare delle opere che raccontano spaccati di realtà. Deciso sin da piccolo a diventare un giornalista.
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Sono passati 40 anni da quando il 17 marzo 1981 la Guardia di Finanza ha scoperto la lista dei famosi 962 nomi appartenenti alla loggia massonica segreta denominata P2 (propaganda due).

Tra i soggetti presenti nella lista, membri del parlamento, i vertici dei servizi segreti al completo e le più alte cariche militari dello stato dell’epoca. Una loggia quella della P2, che viene spesso tirata in ballo all’interno dei più grandi misteri italiani irrisolti.

Il capo della loggia, nonché “Gran Maestro Venerabile”, Licio Gelli è morto nel 2015 all’età di 96 anni, nella sua residenza di Arezzo, Villa Wanda, uno dei luoghi all’epoca perquisiti dalla Guardia di Finanza.

L’11 febbraio 2020 la procura generale di Bologna lo ha indicato come uno dei 4 organizzatori e finanziatori della strage di Bologna (2 agosto 1980), insieme a Mario Tedeschi, Umberto Ortolani, e Federico Umberto D’Amato. Attentato che causò la morte di 85 persone innocenti.

In seguito allo scandalo scaturito dalla scoperta della lista, il presidente della Repubblica, Sandro Pertini dichiarò: “Nessuno può negare che la P2 sia un’associazione a delinquere”.

La loggia P2 verrà in seguito sciolta con la legge numero 17 del 25 gennaio 1982, perché “considerata un’associazione segreta e come tale vietata dall’articolo 18 della Costituzione”.

Le indagini su Michele Sindona che portarono alla scoperta della P2

P2 sono passati quarant'anni

Sono le 9:00 del mattino del 17 marzo 1981. Un gruppo di ufficiali della Guardia di Finanza di Milano, coordinati dal colonnello Vincenzo Bianchi, bussa agli uffici di una fabbrica di abbigliamento la “Giole” a Castiglion Fibocchi, provincia di Arezzo.

Contemporaneamente altri militari stanno perquisendo un’azienda di Frosinone, una suite dell’hotel Excelsior di Roma e una proprietà, Villa Wanda, situata vicino Arezzo.

Il mandato di perquisizione è firmato dai due giudici istruttori della Repubblica di Milano, Gherardo Colombo e Giuliano Turone, che in quel periodo indagano sul presunto falso rapimento del banchiere siciliano Michele Sindona (membro della P2, tessera n°0501), e sull’omicidio dell’avvocato Giorgio Ambrosoli avvenuto nel 1979.

Quest’ultimo incaricato dalla Banca d’Italia, nel 1974, di fare chiarezza sulle attività della banca di Michele Sindona la Banca Privata Italiana, al centro di numerose operazione oscure di riciclaggio, che vedevano coinvolti anche uomini d’onore di Cosa Nostra, tra i più potenti e pericolosi, come Stefano Bontade e Salvatore Inzerillo.

Ambrosoli verrà ucciso la sera dell’11 luglio 1979 sotto casa sua a Milano in via Morozzo della Rocca 1, con quattro colpi 357 magnum. A ucciderlo fu il malavitoso statunitense William Joseph Aricò.

Andreotti, uno che Sindona lo conosceva bene e che lo definiva spesso e volentieri “geniale”, durante un’intervista dell’8 ottobre 2010 a La storia siamo noi, interpellato sul perché Giorgio Ambrosoli venne ucciso disse:

Questo è difficile, non voglio sostituirmi alla polizia o ai giudici.

certo è una persona, che in termini romaneschi “se l’andava cercando”.

Da riportare che nel 1979 nessuna autorità pubblica prese parte ai funerali di Ambrosoli, eccezion fatta per Paolo Baffi, all’epoca governatore della Banca d’Italia.

Il finto rapimento

Nell’agosto 1979 pressato dalle indagini che le autorità americane stanno svolgendo sulle sue attività, Sindona, residente a New York in quel periodo, inscena un finto rapimento ai suoi danni. Lasciò infatti gli Stati Uniti di nascosto con un finto passaporto. Il 17 ottobre Sindona arriva a Palermo, e viene ospitato dal mafioso Rosario Spatola, qui entra in gioco Licio Gelli.

Sindona vuole salvare le sue banche ed essere scagionato da ogni accusa nei suoi confronti, per questo motivo durante i mesi del suo “rapimento” , Sindona manderà almeno due volte ad Arezzo da Licio Gelli, Miceli Crimi, il suo medico di fiducia, anche lui iscritto alla P2.

La richiesta fatta a Gelli è quella di fare pressione sui vecchi alleati politici di Sindona, tra cui Andreotti. In cambio Sindona offriva la cosiddetta “lista dei cinquecento”, un elenco di notabili che avevano esportato, illegalmente capitali all’estero.

I tentativi di Sindona fallirono, tanto da decidere di rientrare a New York, dove sono in corso le indagini su di lui, e arrendersi alle autorità americane. Per rendere veritiera la farsa del suo rapimento, si farà sparare a una gamba, sotto anestesia, da Miceli Crimi.

La scoperta della lista

Questi sono i fatti su cui nel 1981 stanno appunto indagando i giudici Gherardo Colombo e Giuliano Turone.

Nelle indagini su Sindona appare spesso il nome di un imprenditore di Arezzo, Licio Gelli.

Michele Sindona, per dimostrare alla magistratura americana di essere una persona onesta, si fa scrivere una serie di lettere di stima firmate da persone importanti, una di queste viene scritta da Licio Gelli.

Avendo poi scoperto che, durante il periodo del suo finto rapimento, Sindona aveva mandato il suo medico, Miceli Crimi, ad Arezzo per parlare con Gelli, i magistrati decidono di perquisire le sue proprietà, ma non immaginano lontanamente cosa troveranno. Ma sanno che qualcosa di grosso è occultato.

Il colonnello della Finanza, Vincenzo Bianchi, che comanda il nucleo di polizia tributaria di Milano, su disposizione dei due magistrati, non avverte i suoi superiori dell’operazione. Vi fu riservatezza massima, per paura che trapelassero informazioni sul giorno e l’ora delle perquisizioni.

La fabbrica di Castiglion Fibocchi

A Villa Wanda, Frosinone e Roma non viene trovato niente, mentre nella fabbrica di Castiglion Fibocchi qualcosa c’è, una cassaforte e una valigia. Interrogata dai finanzieri, la segretaria di Gelli dice di non possedere le chiavi della cassaforte, dei cassetti dell’ufficio e della valigia.

A un certo punto mentre la perquisizione è in corso, Licio Gelli chiama in ufficio la sua segretaria, gli indica di dargli del tu fingendo di parlare con suo padre, così da potergli chiedere notizie sulla perquisizione senza farsi scoprire, il tono sembra molto preoccupato.

Le chiede per cui di uscire dalla stanza dell’ufficio in modo da non farsi ascoltare dai finanzieri, Gelli però non sa, che la conversazione sta venendo intercettata. Mentre la segretaria si allontana, i finanzieri le chiedono di mostrare il contenuto della sua borsetta, salta fuori la chiave della cassaforte. Una volta aperta i finanzieri trovano la lista della P2.

Ci sono 962 nomi: 208 militari e appartenenti alle forze dell’ordine (43 generali e l’intero vertice dei servizi segreti), 11 questori, 5 prefetti, 44 parlamentari, ministri, banchieri (lo stesso Sindona), imprenditori, magistrati e giornalisti.

Lo stesso colonnello Bianchi durante il ritrovamento della lista riceverà una chiamata dal comandante generale della Guardia di Finanza, il comandante Giannini che gli ammetterà:

guarda che troverai degli elenchi e in quegli elenchi ci sono anch’io.

I nomi della lista

Elenchi che riguardano una loggia massonica deviata e coperta, la loggia P2, che aveva come obiettivo quello di sovvertire la legge dello stato e creare di fatto un nuovo ordine politico ed economico. Tra i nomi più famosi quelli di: Michele Sindona, Roberto Calvi, Francesco Cosentino, Franco Foschi, Pietro Longo, Silvio Berlusconi, Giorgio Mazzanti, Vittorio Emanuele di Savoia, Maurizio Costanzo e il direttore del Corriere della sera Franco Di Bella.

L’impatto sul sistema politico italiano è fortissimo. Lo stesso giorno viene arrestato Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, con l’accusa di esportazione illecita e omesso rientro di capitali. Il 22 maggio viene emesso un mandato di cattura per procacciamento di notizie sulla sicurezza dello Stato e spionaggio politico nei confronti di Gelli, che nel frattempo è fuggito in Svizzera.

Il 23 maggio Aldolfo Sarti si dimette da ministro della Difesa perché il suo nome figura nella lista della loggia P2. Si dimettono perché presenti nella lista P2 anche il capo di stato maggiore della Difesa Giovanni Torrisi e i capi dei servizi segreti Giuseppe Santovito e Giulio Grassini.

Il 26 maggio si dimette dalla presidenza della consiglio anche Arnaldo Forlani, sostituito da Giovanni Spadolini, primo premier non appartenente alla Democrazia Cristiana dalla nascita della Repubblica.

La figura di Licio Gelli, da fascista a massone

Una figura con molte, troppe ombre quella del gran maestro venerabile Licio Gelli. Uno che fin da ragazzo ha già ben chiaro da quale parte schierarsi, la sua.

A 18 anni parte volontario con un battaglione delle camice nere in Spagna, in sostegno delle truppe nazionaliste di Franco, durante la guerra civile spagnola.

Dopo un periodo di “orgogliosa” militanza fascista, verso la fine della guerra capisce che il nazifascismo è, fortunatamente potremmo aggiungere, destinato a fallire. Comincia infatti a fare il doppio gioco, collaborando con i partigiani, ma non di certo perché ne appoggiasse gli ideali.

Il dopoguerra però è duro e Gelli si barcamena tra vari lavori. Ma Gelli sa benissimo che la chiave per la sua brama di potere e denaro è la politica. Si indirizza allora verso gli ambienti andreottiani della democrazia cristiana.

Viene iniziato in massoneria nel 1963, fino a diventarne gran maestro venerabile nel 1975. Nel 1969 tesse rapporti con Alexander Haig, assistente di Henry Kissinger al consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca. C’è anche un altro importantissimo alleato a Washington, Philip Guarino, deputato repubblicano, nonché relazionato con Sindona.

Nel 1970 possiede già una vila elegantissima vicino Arezzo. La loggia che gli verrà affidata dopo l’ingresso in massoneria è la “propaganda due” P2, che finirà col diventare una forza parastatale pronta a sostituire lo stato già presente.

I processi

Licio Gelli è stato condannato a 10 anni per Calunnia aggravata dalla finalità di terrorismo per aver tentato di depistare le indagini sulla strage di Bologna (10 anni).

Al processo per il fallimento del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, Gelli viene condannato a 18 anni di reclusione in primo grado. Pena che viene ridotta a 12 in secondo grado.

La condanna diviene definitiva il 6 maggio 1998, e Gelli si da alla latitanza. Viene arrestato il 10 settembre a Cannes, in Francia. Fu indagato anche per l’omicidio di Roberto Calvi trovato morto impiccato a Londra sotto il Ponte dei Frati Neri.

Numerosissimi i processi giudiziari che lo hanno visto coinvolto.

L’impronta della P2 sulla storia italiana degli ultimi 40 anni

Alle fine del 1981, su volere della Presidente della Camera, Nilde Iotti, venne istituita una commissione parlamentare d’inchiesta, guidata dalla democristiana Tina Anselmi.

La commissione affrontò un lungo lavoro per far luce sui rapporti della loggia, considerata un punto di riferimento per i servizi segreti americani, con l’obiettivo di tenere sotto controlla la vita politica italiana, a tal punto da promuovere riforme costituzionali ad hoc o addirittura se necessario un colpo di stato.

Il piano della P2 indicava come obiettivo primario il riordino dello stato sotto il regime dell’autoritarismo. Eliminare tutte le forze politiche, in favore di due macro partiti, eliminare quasi del tutto il potere della magistratura rendendola soggetta al potere esecutivo, annullandone di fatto ogni forma di azione oggettiva.

Abolire poi le province e rompere ogni unità sindacale presente nel paese, nonché il controllo totale dei mass media tentato, come atto iniziale, con l’acquisizione del Corriere della Sera, all’epoca il giornale più diffuso e autorevole in Italia.

Infatti a seguito dello scandalo scaturito dalla scoperta della lista, il direttore del corriere, Franco Di Bella, rassegnerà le sue dimissioni perché membro anche lui della P2.

Il documento originale del “Piano di rinascita democratica”, così si chiamava il documento che attestava le azioni della P2, risale al 1976. Fu sequestrato nel luglio 1982 all’aeroporto di Fiumicino nel doppiofondo della valigia di Maria Grazia Gelli, la figlia di Licio Gelli, che rientrava in Italia da Nizza. Morirà poi sei anni dopo, il 22 giugno del 1988, in un incidente stradale.

La P2 fu oggetto di indagine anche della commissione stragi, ma Gelli e gli appartenenti alla P2 furono assolti con formula piena per il reato di “complotto ai danni dello stato” tra il 1994 e il 1996.

A Gelli e alla P2 sono stati attribuiti parecchi misteri d’Italia, dal progetto di golpe del generale Giovanni de Lorenzo del 1964, fino all’inchiesta del 1993 sui rapporti tra mafia e politica in cui fu coinvolto Giulio Andreotti. In particolare furono attribuiti alla Loggia P2 il presunto coinvolgimento nella strage dell’Italicus, il depistaggio sulla strage di Bologna, gli omicidi del giornalista Mino Pecorelli e del banchiere Roberto Calvi, ma anche i mancati risultati nell’ambito delle indagini durante il sequestro Moro.

Anche se ormai deceduto, l’11 febbraio 2020 la procura generale di Bologna ha indicato Licio Gelli, come uno dei 4 organizzatori e finanziatori della strage di Bologna.

Leggi anche: Strage di Bologna, dopo 40 anni è ancora un mistero

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