Caro stalker non ti temo, a te ci pensa un’app

Martina Mugnaini
Martina Mugnaini
Martina Mugnaini. Classe 1991. Nata e vissuta a Roma, ha un forte legame con le sue origini fiorentine. Laureata in Filologia Moderna alla Sapienza e giornalista, ama scrivere di tutto quello che riguarda l’arte, la letteratura, il teatro e la cultura digitale. Da anni lavora nel campo della comunicazione e del web writing interessandosi di tutto ciò che riguarda l'innovazione. Bibliofila e compratrice compulsiva di libri di qualunque genere, meglio se antichi: d'altronde “I libri sono riserve di grano da ammassare per l’inverno dello spirito” e se lo dice la Yourcenar sarà vero.
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Cosa evoca l’immagine della gabbia? Potrebbe essere una metafora efficace per descrivere il senso di isolamento, la solitudine, la paura, il terrore che si insinua ogni momento della giornata quando la libertà e la dignità sono minacciate da qualcuno che rende la nostra vita impossibile. Ecco cosa significa avere a che fare con uno stalker. Nel 2006, secondo ISTAT, in Italia le vittime di stalking erano più di tre milioni, sia donne che uomini. Un numero che negli anni è molto aumentato anche a causa dell’evoluzione nell’ambito delle tecnologie digitali. Se da un lato i nuovi mezzi di comunicazione ci hanno semplificato davvero la vita dall’altro hanno attenuano il senso etico e l’empatia, incentivando questo tipo di episodi.

Lo stalking è un fenomeno che riguarda tutti, ma le donne sono le più colpite

È vero che lo stalking è un fenomeno che riguarda tutti, senza distinzioni di genere o di età – fidanzati, colleghi di lavoro, ex coniugi – ma è anche vero che le persone ad essere più colpite sono le donne. Non si tratta di femminismo o di retorica vuota, non mancano certamente i casi di donne che perseguitano ex fidanzati o mariti. Ma il dato incontrovertibile è che una donna su tre almeno una volta nella vita ha subito molestie fisiche o psicologiche: secondo l’ISTAT poco meno di 7 milioni di donne tra i 16 e i 70 anni dichiarano di aver subito subito molestie o violenza. Basta ascoltare le ultime notizie al Tg o fare un giro sui quotidiani per averne la conferma. Qualche giorno fa a Milano un uomo è stato arrestato per aver perseguitato per tre mesi una ex-collega con 445 chiamate di insulti e minacce. A Torino tre donne sono state vittime di minacce, aggressioni e percosse da parte dei loro ex-compagni. Solo in questi giorni, e si potrebbe continuare all’infinito. Nei casi peggiori in mancanza di interventi risolutivi la situazione può degenerare fino alla tragedia, di cui sentiamo così spesso parlare. Le tutele legali non mancano ma spesso non riescono a risolvere completamente il problema: le vittime ricevono la maggior parte delle molestie tramite cellulare ed è difficile dimostrare la colpevolezza di qualcuno che manda solo messaggi ed email. Raramente infatti conserviamo tutte le conversazioni e le foto che riceviamo sul nostro smartphone. Fino ad oggi non c’era una soluzione davvero efficace per raccogliere i dati necessari a sporgere denuncia. Qualcuno per fortuna ha deciso che la situazione doveva cambiare.

Mytutela, la prima vera app anti-stalking

Mytutela è la prima app al mondo che permette di registrare i dati del cellulare facendone una copia forense. Foto, messaggi, email, chat di WhatsApp: tutto il materiale necessario a sporgere denuncia e inchiodare stalker, bulli e maltrattatori. Raccoglie le evidenze digitali di reati di cybercriminalità e grazie ad algoritmi di calcolo garantisce l’autenticità e la provenienza delle fonti di prova. Spesso le vittime rimangono nell’ombra e non denunciano le violenze subite per paura di non essere credute non avendo in mano nessuna prova concreta. MyTutela permette di stampare dei report da portare direttamente alle autorità, senza dover ricorrere ad un perito informatico che non tutti possono permettersi, facendo risparmiare tempo, energia e soldi. Questa app è il frutto del lavoro della Mytutela Srl, formata dall’ingegnere elettronico Marco Testi, dal tecnico informatico Marco Calonzi e dall’esperta di social network Susanna Testi Mytutela – come si legge sul sito internet – vuole rendere semplice il processo di denuncia per stalking ed agire da deterrente per chi tenta, attraverso gli strumenti di comunicazione digitale che attenuano il senso etico e l’empatia, di recare violenza ad un’altra persona”.

Come funziona l’app che ti libera dallo stalking

L‘app è completamente gratuita e può essere installata su richiesta. Il funzionamento è molto semplice: si potrà registrare il numero e la e-mail della persona che si vuole mettere sotto osservazione ed iniziare a registrare. Terrà sotto controllo non solo l’elenco delle chiamate ma anche le loro registrazioni, l’archivio dei messaggi, delle foto e dei video, i testi delle mail. E questo non è tutto: l’app è fornita anche di un calendario in cui le vittime potranno segnare, in modo da avere i dettagli precisi e non dimenticare, ciò che accade. Tutte queste informazioni una volta estratte dallo smartphone avranno esattamente lo stesso valore degli originali, lo garantiscono gli algoritmi. Un’obiezione nasce spontanea: se il telefono si rompesse o venisse distrutto appositamente? Non sarebbe un problema, una volta salvati, i dati non potranno più essere cancellati. Nemmeno se il cellulare venisse buttato nel fiume. È stata pensata anche una forma di interattività: Mytutela fornirà anche una serie di alert: quando le chiamate saranno troppe o i messaggi esplicitamente minatori, sul telefono compariranno degli allarmi insieme all’elenco dei reati che potrebbero essere denunciati. Questo è possibile grazie a un programma di scansione semantica nel quale sono state inserite circa mille tra parole e frasi che statisticamente sono più ricorrenti in casi di stalking e molestie: insulti, ingiurie ed espressioni come “ti uccido”, “ti faccio fuori”, “ti ammazzo, “pubblico le tue foto”. “L’idea ci è venuta perché, dopo dieci anni di consulenza in questo campo, abbiamo pensato che fosse utile un sistema di archiviazione dei dati che permettesse di non perderli più — spiega Marco Calonzi che insieme a Marco e Susanna Testi ha ideato l’app. — Ci è sembrato un modo non solo per aiutare chi dovrà istruire il processo, ma anche le vittime a prendere coscienza di quello che sta accadendo”. Tra i molti fatti di cronaca degli ultimi anni uno in particolare ha spinto gli ideatori di MyTutela a fare qualcosa per arginare un fenomeno sempre più dilagante. “A darci l’intuizione definitiva, il caso di Sara Di Pietrantonio, la 22enne soffocata e bruciata dal suo fidanzato, Vincenzo Paduano, nel 2016 a Roma – spiegano. – In quel caso, lui aveva cancellato tutti i dati sul suo cellulare e per riuscire ad entrare in quello di lei, che era protetto da password, ci abbiamo messo più di un mese. Con Mytutela tutto questo non sarebbe successo.” La speranza dei progettatori e delle autorità è che questa app aiuti anche ridurre il mondo sommerso delle denunce mai sporte: circa l’80% dei casi che non vengono denunciati.

Strumento di tutela o di controllo?

Se ci fermiamo un secondo a riflettere sull’elenco delle azioni che questa applicazione è in grado di svolgere – registrare e tenere per sempre una copia di telefonate, messaggi e dati – ci rendiamo conto che il passo verso l’universo distopico di George Orwell o di Ray Bradbury è breve: un controllo costante e continuo, che registra tutte le interazioni che una persona ha con il cellulare. In ogni caso non dovremmo sorprenderci più di tanto, non dopo i cambiamenti a cui abbiamo assistito ultimamente. Da almeno 10 anni la nostra realtà è completamente intrecciata con il digitale, sopratutto da quando ci sono i dispositivi mobili che ci consentono di essere connessi ogni minuto del giorno in qualsiasi luogo. Ogni giorno lasciamo tracce delle nostre attività, dei nostri spostamenti, del nostro shopping e anche delle nostre emozioni in post su Facebook o storie su Instagram. Il concetto di privacy ha subito notevoli cambiamenti ma sostanzialmente siamo noi in maniera cosciente e sopratutto consensuale a fornire informazioni su tutto quello che è la nostra vita. Un’app che tiene un registro di comportamenti potenzialmente criminali di una persona tutelando chi spesso si trova indifeso di fronte a queste situazioni non fa nulla di diverso da quello che facciamo noi ogni giorno. di Martina Mugnaini  

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