Il 2020 è stato l’anno dell’oceano tranquillo: cosa significa

Il lockdown ha frenato i movimenti via mare e ciò permetterà agli studiosi di analizzare l’impatto che i rumori umani hanno sulla fauna marina.

Mara Bruni
Mara Bruni
Ama scrivere di tutto ciò che riguarda l'analisi economica, anche in un'ottica green. Nel tempo libero produce cosmetici ecosostenibili.
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Le acque marine mondiali stanno approfittando dei rallentamenti dei viaggi e dei trasporti per godersi una pace senza precedenti.

Questo momento rappresenta per gli studiosi un’opportunità per approfondire i possibili effetti del suono dell’attività umana sulla vita di mari ed oceani.

2020, l’anno internazionale dell’oceano tranquillo

oceano tranquillo

L’IQOE è un programma scientifico internazionale volto a promuovere ricerche ed osservazioni per cercare di capire i suoni dell’oceano tranquillo e gli effetti del suono dell’uomo sugli organismi marini.

Il programma prevedeva di inaugurare il concetto di “The year of the quiet ocean (IYQO)”, attraverso riduzioni volontarie del suono antropico; ma la pandemia e le restrizioni agli spostamenti di merci e persone hanno reso il 2020 un anno di calma straordinaria per l’oceano, tanto da essere definito appunto “l’anno internazionale dell’oceano tranquillo”.

Perché è importante riuscire ad ascoltare l’oceano? Il rumore dell’uomo è una fonte di preoccupazione per gli studiosi, i quali hanno dimostrato che il rumore generato dall’uomo mette in difficoltà alcune specie marine che dipendono dal suono per la comunicazione e la navigazione.

Come si ascolta l’oceano?

Oceano tranquillo grazie al lockdown

L’intenzione del gruppo di scienziati è quella di ascoltare il sottofondo oceanico prima, durante e dopo il lockdown.

Per fare ciò sono stati identificati 200 idrofoni non militari, ossia microfoni subacquei che sono posizionati lungo le coste del Nord America, Hawaii, Europa, Antartide e Asia. In particolare, gli idrofoni sono compresi in aree costiere poco profonde le quali sono in particolar mondo influenzate dai cambiamenti nelle abitudini della vita dell’uomo.

La missione dei ricercatori, di cui il portavoce è Peter Lloyd Tyack, professore di biologia dei mammiferi marini presso l’Università di St. Andrews in Scozia, è constatare come, attraverso gli idrofoni, cambiamenti nei rumori abbiano conseguenze sulla vita marina e come anni di aumento esponenziale di rumore oceanico abbiano influenzato la fauna marina.

Non solo, attraverso i dati che verranno forniti dagli idrofoni, si potrà capire quali livelli sonori provocano effetti dannosi sulla fauna marina e dove sono maggiormente collocati.

Dobbiamo capire che tipologie di suoni sono dannose, e in che zone dell’oceano gli animali più vulnerabili potrebbero venire esposti a questi suoni.

Peter L. Tyack

Attraverso l’implementazione dei dati del suono con altri strumenti e metodi di monitoraggio registrati nel 2020, si potrà rivelare come i rumori nei cosiddetti mari dell’Antropocene, nuova era geologica definita da E. Stoemer e P. Crutzen, colpiscano gli organismi oceanici. La rete di idrofoni collaborerà con il Global Ocean Observing System, con lo scopo di apportare nuovi dati su correnti marine, temperature e inquinamento.

Un gruppo di ricercatori, guidati dall’Università del New Hampshire, si occuperà di sviluppare un nuovo software che avrà come obiettivo quello di standardizzare i dati registrati, per meglio compararli ed osservarli.

Tornare in armonia con l’oceano

Un’opportunità come quella che si è presentata nel 2020 è rara per gli studiosi marittimi. Precedentemente, eventi che hanno rappresentato motivo di studio per gli scienziati sono stati l’inizio degli attacchi terroristici a New York ed in Virginia nel 2001, i quali hanno comportato una diminuzione del traffico aereo e quindi l’opportunità per gli studiosi di approfondire l’impatto dell’assenza dell’inquinamento sui modelli meteorologici.

Non solo, gli attentati terroristici hanno avuto come conseguenza una riduzione anche del traffico marittimo e gli studiosi hanno potuto constatare come l’industrializzazione dell’oceano sia una fonte di stress per la fauna marittima.

La BCC riporta come il rumore prodotto dall’azione umana sia ormai in disequilibrio con il suono marino naturale: la navigazione, le attività militarie e le indagini sottomarine alla ricerca di petrolio e gas non fanno altro che soffocare le onde sonore dell’oceano.

Leggi anche: Nella Giornata Mondiale della Natura in Antartide si stacca un iceberg grande come Roma

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