Ripulire gli oceani dalla plastica: il sogno di un ragazzo di 22 anni sta per realizzarsi

Martina Mugnaini
Martina Mugnaini
Martina Mugnaini. Classe 1991. Nata e vissuta a Roma, ha un forte legame con le sue origini fiorentine. Laureata in Filologia Moderna alla Sapienza e giornalista, ama scrivere di tutto quello che riguarda l’arte, la letteratura, il teatro e la cultura digitale. Da anni lavora nel campo della comunicazione e del web writing interessandosi di tutto ciò che riguarda l'innovazione. Bibliofila e compratrice compulsiva di libri di qualunque genere, meglio se antichi: d'altronde “I libri sono riserve di grano da ammassare per l’inverno dello spirito” e se lo dice la Yourcenar sarà vero.
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Cambiare il mondo è più facile a dirsi che a farsi, ci sono così tanti problemi da risolvere, quale scegliere per primo? Non ha dubbi il 22enne olandese Boyan Slat: in un resoconto presentato a gennaio del 2016 al World Economic Forum, si leggeva chiaramente che entro il 2050 in termini di peso negli oceani ci sarà più plastica che pesci. Una prospettiva apocalittica ed è questo problema che il giovane Slat ha deciso di risolvere. «Ci sono diversi motivi – ha spiegato Slat – per cui i ricercatori che si occupano di inquinamento da plastica ritengono che dovremmo concentrarci sulla prevenzione, ad esempio con l’istruzione, anziché tentare un’operazione di pulizia: significherebbe occuparsi, infatti, di cinque aree di dimensioni colossali e tutte in movimento». Nel 2013, a soli 18 anni, con la sua geniale idea sulla pulizia degli oceani da milioni di tonnellate di plastica ha stupito tutti. Fino a quel momento l’unica soluzione prospettata era quella di consumare meno plastica per non aumentare il problema. Insomma non possiamo fare niente, cerchiamo solo di non peggiorare la situazione. «L’inquinamento da plastica è stato sempre dipinto come un problema irrisolvibile – ha dichiarato – la storia veniva sempre presentata allo stesso modo: ‘Ok, non possiamo eliminare tutta questa plastica, la cosa migliore che possiamo fare è non peggiorare la situazione’. Ma questo, secondo me, non era un messaggio positivo». Per fortuna Slat non si è rassegnato al corso degli eventi e ha deciso di trovare una soluzione per ridurre i tempi ed ottimizzare i risultati: «Spero che questa macchina possa essere per il nostro secolo il simbolo di come si possa usare la tecnologia per rendere il mondo un posto migliore». The Ocean Cleanup

La sfida di The Ocean Cleanup

La plastica dispersa negli oceani si accumula in cinque grandi zone e la più estesa si trova tra le Hawaii e la California. A causa della loro grandezza e natura mobile effettuare una pulizia utilizzando reti e imbarcazioni richiederebbe migliaia di anni. Per salvare questa situazione non molto lontana dell’essere disperata Slat ha ideato un piano più rapido. È con questi presupposti che nel 2012 ha immaginato un sistema che sfrutta le correnti dell’oceano per concentrare la plastica in un unico luogo, riducendo così a pochi anni il tempo di pulizia delle acque. Non dovremmo più aspettare migliaia di anni per eliminare questi enormi accumuli che tutti siamo stati complici nel creare.

Nel 2013 ha fondato a questo scopo la startup The Ocean Cleanup raccogliendo grazie al crowdfunding il denaro necessario – circa 1 milione e mezzo di euro – per costruire il primo prototipo testato nel 2016 nel Mare del Nord. Si trattava in sostanza di una grande barriera galleggiante, lunga 100 metri, posizionata a 23 km dalla costa olandese, che aveva lo scopo di costruire una costa artificiale e catturare passivamente i detriti presenti nell’oceano: l’idea era quella di un muro a forma di V che convogliasse la spazzatura in una area delimitata, dalla quale poi raccoglierla e riciclarla facilmente.

Obiettivo numero 1: ripulire la Great Pacific Garbage Patch

La Great Pacific Garbage Patch è l’enorme isola di spazzatura situata nell’Oceano Pacifico contenente circa 100 milioni di tonnellate di detriti, una cifra spaventosa. È il primo tentativo di contrastare questo gigantesco accumulo di immondizia dalla sua scoperta nel 1997. Il primo obiettivo di The Ocean Cleanup è proprio quest’isola: è tutto pronto al lancio del progetto che avverrà a luglio. Se tutto va come dovrebbe questa tecnologia riuscirà a rimuovere in soli 10 anni almeno la metà dei rifiuti dispersi. Senza questa barriera solo con l’aiuto delle correnti naturali ci vorrebbero circa 79mila anni a ripulire le acque dalla plastica, ammettendo di non produrre più rifiuti da qui ai prossimi ottantamila anni. Gli scienziati del team di Slat sono al momento impegnati a collegare i 40 grandi tubi – fatti proprio di plastica – che formano questa struttura mobile. Riempiti d’acqua, galleggiano sulla superficie degli oceani e raccolgono con delle speciali palette fatte di nylon la spazzatura che nel frattempo incontrano mentre si muovono trascinati dalle correnti. Trovandosi in superficie non interferiscono in alcun modo con la vita marina che può tranquillamente passarci sotto. La spazzatura potrà così essere facilmente raccolta e venduta come materiale riciclato: l’intero progetto diventa quindi sostenibile. Il lancio della barriera è previsto dalla costa di San Francisco nel giro di poche settimane: entrerà in funzione a luglio e continuerà ad estendersi. Inizialmente saranno almeno 60 le strutture messe all’opera. Un gran lavoro per le navi raccogli-spazzatura, che ogni sei-otto settimane partiranno per prelevare la plastica raccolta. L’inquinamento del nostro pianeta è un tema che ci fa indignare ogni volta che ne sentiamo parlare ma raramente ci tocca nel profondo o ci spinge a fare veramente qualcosa di pratico per contrastarlo, in realtà come dice Slat: «Quando si parla di problemi ambientali in generale, la risposta più comune è ‘Ma sono ancora lontani. Saranno i nostri figli a doversene preoccupare”. Be’, salve, eccomi qui».  

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