Quelli della Generazione Z? Hanno la stoffa per innovare e fare impresa

Federica Tuseo
Federica Tuseohttp://ildigitale.it
Federica Tuseo. Classe 1994. Redattrice. Nomade digitale, alla costante ricerca di novità e sempre pronta a partire per girare il mondo, raccontando storie di vita vissuta. Una laurea triennale in Lingue e culture moderne ed una magistrale in Media, comunicazione digitale e giornalismo. Web, startup e innovazione sono i suoi orizzonti di ricerca.
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Nascere in un determinato momento storico influenza modo di pensare, di agire, di comunicare dei singoli individui, contribuendo al fiorire di abitudini, comportamenti e gusti. Dal 2010 sono 7 le generazioni che convivono insieme su questo pianeta, e sono portatrici di visioni del mondo profondamente diverse tra loro, ma anche con punti di incontro incredibili: difficile a credersi ma è così. Dai founders ai builders, per passare ai baby boomers e alla x generation. Subito dopo la y generation, anche nota come millennials, sul palcoscenico lavorativo entrano come comparse e futuri protagonisti i ragazzi della Gen Z o iGen. Sono quelli nati tra il 1995 e il 2010, i primi appartenenti alla iGen, i così detti nativi digitali, appunto una generazione in cui si è diffuso l’uso di Internet, degli smartphone e dei social, sin dalla nascita.

Ritratto della iGen

Gli imprenditori e i manager dovrebbero prender nota: è importante essere consapevoli del profilo di questi nuovi attori, proprio perché spesso le tecniche usate per ricercare, formare e gestire i millennials non è detto che funzionino con i membri della iGen. I ragazzi della Generazione Z:

  • usano in media 5 dispositivi, contro i 3 dei Millennials: smartphone, desktop, notebook, TV e tablet o iPod;
  • valutano la qualità e l’utilità delle informazioni ricevute in media in 8 secondi;
  • prediligono video e immagini che condividono con brevi testi, tendendo quindi a comunicare prima di tutto certe emozioni rispetto al testo;
  • sono intraprendenti, autonomi, curiosi ed individualisti, di solito puntano a lasciare il segno;
  • difendono a spada tratta la loro privacy, soprattutto sui social, preferendo YouTube e Instagram a Facebook;
  • mirano alla rapidità più che all’accuratezza;
  • sono attenti ai problemi globali;
  • sono imprenditori della loro vita personale e della loro formazione;
  • hanno bisogno di stabilità e sicurezza.

Millennials vs Generazione Z

Molte delle cosiderazioni più importanti sull’argomento iGen fanno riferimento agli studi di Jean M. Twenge, docente di psicologia statunitense e al suo volume “iGen: Why Today’s Super-Connected Kids Are Growing Up Less Rebellious, More Tolerant, Less Happy–and Completely Unprepared for Adulthood–and What That Means for the Rest of Us”. La Twenge ha lavorato sul senso di ribellione dei baby boomer, sul desiderio di indipendenza della generazione X, sull’individualismo dei millennials. Studiando i trend generazionali da oltre venticinque anni, evidenzia quanto sia eccezionale e radicale il passaggio da generazione Y a Z. Solitamente negli studi, i trend di comportamento tra i membri delle varie generazioni si muovono dolcemente sui grafici, i fenomeni sociali impiegano dieci o vent’anni per dispiegarsi completamente e ogni sondaggio d’opinione mostra caratteristiche di continuità ed evoluzione. Le cose si sono mantenute così fino al 2012, quando i grafici su comportamenti e stili di vita per lo più stabili, si sono trasformati rapidamente registrando forti squilibri nel confronto fra le due generazioni così vicine tra loro. Ciò che giustifica il cambiamento è sempre il contesto in cui sono immersi i nativi digitali, un’era dove la crisi, anche se non all’apice ma in fase discendente, ha ancora un forte contraccolpo sociale, un’era di precariato e in cui si afferma l’idea di lavoro indipendente, un’era di terrorismo e di desiderio di rinascita. Alcune fra le principali differenze fra millennials e iGen’ers:

  • I membri della Gen Z sono molto più concentrati sul lavoro di quanto non lo fossero i millennials quando avevano la stessa età dei primi. Confrontando i dati raccolti nel 2016 su territorio statunitense, il 55% dei ragazzi all’ultimo anno di liceo in quell’anno ha dichiarato di essere disposto a fare straordinari per fare un buon lavoro – rispetto al 44% degli adolescenti del millennio nel 2004.
  • Gli iGen’ers sono anche più propensi a dire che lavorerebbero anche se avessero un sacco di soldi e si aspettano che il lavoro sia una parte centrale della loro vita. Forse perché hanno vissuto la Grande Recessione da bambini e hanno assistito a una crescente disuguaglianza di reddito, si rendono conto che dovranno lavorare sodo per farcela.
  • I giovani della generazione z sono cresciuti più lentamente rispetto a quelli della precedente, impiegando più tempo per imparare a guidare e affacciarsi al mondo del lavoro. Loro arrivano quindi sul posto di lavoro con meno esperienza e più propensi a processi decisionali indipendenti.
  • Questa generazione socializza in modo diverso, preferendo essere in contatto nel mondo virtuale, piuttosto che in quello reale. Il numero di studenti delle scuole superiori che credono sia importante avere un lavoro in cui si ci sia “possibilità di fare amicizia” o che consenta “il contatto con molte persone” ha raggiunto i minimi storici.
  • Inoltre sono molto attenti alla sicurezza in generale, in particolare quella che viene definita “emotional safety” – vogliono essere protetti da commenti offensivi e disturbi emotivi proprio come vogliono essere protetti dai danni fisici.

iGen come target ideale per il marketing

Proprio in virtù del contesto in cui vivono, gli iGen’ers sono molto interessati al loro futuro. Appaiono più altruisti, caritatevoli e volenterosi di cambiamento rispetto alle precedenti generazioni. Si tratterebbe inoltre di una generazione di futuri imprenditori, con un’alta percentuale di individui che afferma di voler creare una propria azienda piuttosto che lavorare come dipendente, ma anche di creatori con idee innovative che richiedono collaborazione e interazione con altre persone sia online sia offline. Per questi futuri consumatori, inoltre, la privacy è importante. La maggior parte dei giovani sono infatti preoccupati delle conseguenze derivanti dal cedere i propri dati a terzi e apprezzano le aziende con politiche trasparenti. È un bene questa preoccupazione e la cautela si diffondano anche ad altre generazioni più o meno vicine alla iGen, soprattutto se pensiamo ai recenti avvenimenti per il colosso californiano di Zuckerberg.

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